mercoledì 21 marzo 2012

Gli scacchi nella pittura dall’antichita ai nostri giorni

18/1/2008

Gli scacchi sono un gioco più volte millenario sulla cui origine non vi è certezza e le prime notizie risalgono ad oltre 2000 anni fa, dalla Cina dove il gioco si chiamava Siang-Ki e dall’India dove era chiamato Chaturanga. Nei secoli successivi il gioco venne appreso dai Persiani e poi dagli Arabi che lo introdussero in  Occidente intorno all’anno 1000, anche se alcuni ritrovamenti archeologici fanno pensare a precedenti contatti col mondo romano.
Durante il medioevo il gioco si diffuse in tutte le corti e nei più famosi castelli, divenendo in breve tempo da gioco dei re a re dei giochi. Nel Cinquecento e nel  Seicento cominciano a comparire i primi forti giocatori come lo spagnolo Ruy Lopez e gli italiani Polerio e Gioacchino Greco detto il calabrese.
Nel Novecento il gioco conosce un’enorme diffusione soprattutto nei paesi dell’Europa dell’Est ed in Unione sovietica ed un ulteriore incremento si avrà con la diffusione del computer e di internet.
La pittura è sempre stata attratta dalla cruenta battaglia che si svolge sulle 64 caselle della scacchiera a partire da un oscuro artista attivo nel 1200 a.C. (fig 1), che ci narra come la stessa Nefertari amasse trascorrere il tempo nella sua camera mortuaria dilettandosi nel giocare con l’eternità, a Scacco matto (fig 2), opera eseguita nel 2004 dal pittore statunitense Zylack Sue, nella quale due giovinette si affrontano senza esclusione di colpi.

In Italia le testimonianze più antiche sono un mosaico pavimentale (fig 3) posto nella zona presbiteriale della basilica di San Savino a Piacenza, risalente al secolo XI ed un particolare del soffitto (fig 4)  della cappella Palatina a Palermo realizzato nel 1143.
Nei secoli successivi abbiamo numerose rappresentazioni artistiche del gioco con l’utilizzo dei più diversi materiali dall’avorio al vetro, dai codici miniati all’affresco. 


Segnaliamo alcuni esiti di gran pregio, nei quali spesso si confrontano un uomo ed una donna, a simboleggiare le schermaglie di un approccio amoroso dal dubbio risultato: il re Otto di Brandeburgo (fig 5), impegnato su una singolare scacchiera con minor numero di caselle, raffigurato nel 1320 su un Libro delle ore conservato nella Universitatbibliotek di Heidelberg, la Dama di Verzù (fig 6) che sfida impavida il cavaliere di Borgogna, immortalata da un anonimo in una decorazione sita in palazzo Davanzati a Firenze, Tristano ed Isotta (fig 7) che bevono avidamente un filtro d’amore incuranti del movimento dei pezzi e Due nobili (fig 8) che si sfidano elegantemente vestiti con stupefacenti copricapi in una vetrata dell’Hotel della Bessee a Villefranche sur Saone, apparentemente più attenti al loro incontro ravvicinato che al risultato della partita.




Passiamo ora a descrivere, anche se brevemente, una serie di dipinti, tra i più famosi illustranti il gioco degli scacchi, che i più maturi appassionati ricorderanno sulle copertine dell’Italia scacchistica nei lontani anni Settanta. Sono tele quasi sempre contrassegnate da un errore nella disposizione della scacchiera con il nero e non il bianco alla destra del contendente.
Partiamo forse dal più celebre (fig 9) di Girolamo da Cremona, eseguito intorno al 1475 – 80 e conservato al Metropolitan di New York, nel quale giovani parrucconi assistono ad una tenzone tra un gentiluomo ed una damigella anche loro dalle bionde chiome debordanti. Passiamo poi ad un quadro (fig 10) di Giulio Campi, anche lui di Cremona, il quale nel 1550 ci fornisce la sua interpretazione del nobile gioco con una tela conservata a Torino nel museo civico. In breve svolgere di anni abbiamo poi Alberto duca di Baviera che sfida la sua sposa (fig 11) assistito dai dignitari della sua corte e con l’assistenza dei rispettivi cagnolini in una severa tela eseguita da Hans Muelich nel 1552, la celebre Sofonisba Anguissola, anche lei nativa di Cremona, che ci dà un’interpretazione tutta femminile (fig 12) del nobile gioco in un dipinto del 1555 conservato a Poznam nel museo Narodowe e concludiamo con Alessandro Varotari detto il Padovanino che nel 1630 ci fornisce un’immagine erotica del gioco (fig 13) con una Venere, nello splendore della sua abbacinante nudità, assistita da Cupido, che cerca di vincere il truce Marte con una profferta amorosa alla quale è arduo resistere.




Prima di passare ai secoli successivi segnaliamo una superba tela (fig 14) di Lucas van Leyden eseguita nel 1510 e conservata a Berlino nella Gemaldegalerie, nella quale la scacchiera è stata erroneamente delineata con un numero di caselle spropositato, a lampante dimostrazione della scarsa attenzione dedicata dai pittori alla realtà ottica della scena rappresentata, mentre i committenti delle opere sono costantemente membri della nobiltà e dell’alta borghesia ansiosi di essere immortalati, pensosi e meditabondi, mentre sono alle prese con l’avversario, spesso una desiderabile pulzella.

Prima di entrare nell’Ottocento ci confrontiamo con una tela eseguita dal Tischbein eseguita nel 1785 e conservata all’Ermitage di San Pietroburgo (fig 15) nella quale Corradino di Swabia e Friedrich di Baden attendono ansiosamente in carcere la sentenza ed occupano trepidamente il tempo in interminabili sfide a scacchi.

La moda dell’Oriente ebbe grosso successo nella pittura europea di metà secolo e ne abbiamo due esempi: il primo di un modesto carneade del pennello Rorbye Martinius che nel 1845 ci raffigura (fig 16) alcuni anziani con i loro turbanti sfidarsi incuranti della  calura pomeridiana, il secondo di un gigante della pittura Eugene Delacroix, che in un fantasmagorico gioco di colori ci rappresenta due arabi intenti al gioco (fig 17) in un quadro del 1847 conservato nella Galleria nazionale di Edinburgo.


Abbiamo poi un altro famoso artista, Honorè Daumier, egli stesso appassionato giocatore, che immortala due pensosi scacchisti (fig 18) nel delicato momento del centro partita in una famosa opera del 1863 conservata a Parigi nel museo del Petit Palais, seguito da Alma Tadema che ci trasporta indietro nel tempo all’epoca dei faraoni e a differenza di altre sue tele, dove raffigura con grande precisione mobili e suppellettili del passato, contrabbanda per scacchi un differente gioco (fig 19) sicuro che il proprietario della sua opera eseguita nel 1879, un facoltoso collezionista privato svizzero, non si accorgerà di nulla.



Estremamente realistica la scena raffigurata da Gerolamo Induno, che chiude la nostra carrellata attraverso i secoli con la sua partita di scacchi di palpabile realismo tra eleganti contendenti, eseguita nel 1881 e conservata a Milano nella Galleria d’arte moderna.



http://www.guidecampania.com/dellaragione/articolo47/articolo.htm

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