venerdì 23 marzo 2012

Gli ultimi tra gli ultimi: i barboni

23/12/2008


L’altro giorno un barbone è stato trovato assiderato alla stazione di Napoli, è l’ennesima vittima di una strage infinita che si consuma ogni giorno nell’indifferenza generale per la fame, il freddo e la cieca ferocia di tanti giovani esaltati, i quali hanno fatto del clochard arrosto lo sport nazionale.
Era privo di documenti, dimostrava un’età relativamente giovane, sosterà all’obitorio nella vana attesa che qualcuno riconosca la sua misera carcassa, poi finirà in una triste fossa comune assieme ad altri sconosciuti senza patria e senza nome.
I barboni aumentano di numero anno dopo anno e nelle loro fila si trovano ora anche personaggi inaspettati: professionisti smarriti dopo una crisi coniugale, commercianti strangolati dal pizzo e dall’usura, deboli di spirito travolti da una storia d’amore naufragata, da una malattia, dalla perdita del lavoro; tutti accomunati dall’impossibilità di reggere i ritmi serrati di una società consumistica dalla sfrenata competitività.
Rappresentano un residuo di arcaiche povertà, un imprevedibile esito della modernità. Un brutto giorno precipitati nella solitudine e nella miseria, diventano invisibili per gli amici, per i conoscenti, per gli stessi parenti, bastano pochi mesi e la strada come casa si trasforma in una voragine senza ritorno.
Sonnecchiano sulle panchine dei giardini pubblici o stesi sui cartoni per difendersi dall’umido che penetra nelle ossa; di notte, tutti assieme, pigiati spalla contro spalla, nelle sale d’attesa delle stazioni non tanto per dormire, quanto per difendersi dalle aggressioni gratuite divenute frequentissime. 
Qualcuno conosce dei luoghi segreti confortevoli, come alcuni corridoi delle Asl o la sala di lettura di una biblioteca, dove si può utilizzare anche il bagno.
Chi ricorda la storia di Beniamino Pontillo, che passò una vita nei saloni della Posta centrale di Napoli, scrivendo centinaia di lettere di proteste e di proposte, molte puntualmente pubblicate, ai quotidiani locali?
Anche a guardarli sembrano tutti eguali: radi capelli precocemente incanutiti, pochi denti malfermi, la pelle incartapecorita ed un corpo devastato dall’età indefinibile, vestiti a brandelli ed un puzzo devastante che si sente a distanza.
Da tempo sono divenuti gli ultimi tra gli ultimi, disperatamente in coda ai più disperati, più dimenticati degli zingari, dei drogati, degli alcolizzati o degli extra comunitari clandestini, divenuti, soprattutto se islamici, i preferiti dei parroci e delle decrepite signore d’annata delle associazioni benefiche.
Se minacciati chiedono aiuto alle forze dell’ordine vengono nel migliore dei casi ignorati, ma più spesso dileggiati, spintonati e malmenati.
Nei dormitori vi è una lista d’attesa chilometrica e si può soggiornare solo per tre giorni durante le ore notturne, mentre fuori imperversa implacabile un freddo omicida. La strada diventa così una soluzione obbligata per decine di migliaia di barboni, costretti a sopravvivere in condizioni da incubo.
Come potremo continuare a dormire beati nei nostri letti con il pensiero che tanti nostri simili, solo più sfortunati di noi, devono arrangiarsi, avendo come tetto il cielo e come giaciglio la pubblica strada.

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