domenica 18 marzo 2012

Il casino di Santa Chiara

13/4/2007

Donna Amalia era figlia d’arte, sua mamma Concettina aveva esordito a Napoli nel celebre casino di via santa Lucia, ove ritornava spesso e volentieri ed anche lei aveva lavorato nella celebre istituzione partenopea, frequentata da nobili e da gerarchi, dopo essere stata battezzata a quattordici anni dal marito della signora nella casa dove era stata messa a servizio. La mamma era stata immortalata in una cartolina che aveva fatto il giro d’Italia e che troneggiava in salotto in una pacchiana cornice d’argento.
Con la legge Merlin si mise in proprio, guadagnando una barca di soldi e sposando alla fine il suo magnaccia. Era molto ricercata dai clienti per una specialità che le aveva permesso nell’ambiente di essere conosciuta come La bolognese.
Gli anni passavano e donna Amalia capì che era meglio vivere alle spalle degli altri, anzi delle altre. 
Aprì una casa chiusa in uno dei vicoletti prospicienti il complesso monastico di Santa Chiara e si preoccupò di selezionare la clientela. Per usufruire delle prestazioni bisognava essere conosciuti e fortuna volle che uno dei primi clienti fu il mio amico Gian Filippo, notoriamente tra i più arrapati frequentatori di prostitute dell’area campana già  dall’età di sedici anni. 
Dopo una serata di baldoria ci presentammo tutta la combriccola da donna Amalia, mettendola in seria difficoltà, perché nella casa esercitava una sola ragazza per volta, che dovette fare lo straordinario per placare le nostre ansie giovanili, aiutata dalla stessa maitres, che non disdegnava di rendersi utile e nelle emergenze rimasticare l’antica abilità.
In seguito in poche settimane presentai una cinquantina di amici a donna Amalia, tutti rampolli di buona famiglia ben dotati economicamente, che divennero assidui clienti, a tal punto che si dovettero chiudere le iscrizioni della benemerita istituzione.
Per  gratitudine donna Amalia mi promise che avrei potuto frequentare gratuitamente la sua casa…, non immaginando che per alcuni anni non avrei saltato una serata.
Le ragazze, come era sana abitudine durante il ventennio, cambiavano ogni settimana, spesso erano minorenni ed alcune veramente molto belle. Par condicio tra bionde e brune che erano ospitate nella struttura e passavano la mattinata a guardare la televisione ed a sfogliare rotocalchi, in attesa delle 17, quando cominciavano a venire i clienti, un flusso ininterrotto fino a circa le due.
Gian Filippo era uno dei più assidui frequentatori assieme a Lucio, un arrapato cronico che grazie alla raccomandazione del padre questore diverrà immeritatamente regista della televisione. Più di una volta ad entrambi capitò di innamorarsi di qualche signorina… e solo grazie al buon senso di queste alacri lavoratrici non si sono inguaiati a vita.
Anche Sergio, famoso per la sua mole schifosa e per il suo alito pestifero, non faceva passare settimana senza una visita, almeno per vedere la ragazza e non ve ne era una che non fosse di suo gradimento.
L’episodio più divertente è capitato in periodo di carnevale, quando finita una festa ci presentammo in quattro a chiudere degnamente la serata.
Diego, Luciano e Gennaro erano in smoking, mentre io ero in abito talare, una maschera originale che mi era stata regalata dal cappellano dell’ospedale dove da poco lavoravo.
Donna Amalia dalla finestra all’inizio non mi aveva riconosciuto, poi per le scale le dissi di non dire niente alla ragazza, che ci saremmo fatti quattro risate.
In sala d’attesa vi erano due paesanotti dall’aria imbranata, che rimasero di stucco quando con nonchalance, posato il cappello, mi accomodai nel salottino e cominciai a sfogliare alcune riviste pornografiche. Addirittura mi vollero cedere il turno ed io entrai baldanzoso nella stanza. La ragazza, giovanissima, era alquanto imbarazzata e chiese cosa avrebbe dovuto fare. “La vedi questa vrachetta di un metro e mezzo, comincia a sbottonarla ed occupati di lui”.
Passato il momento iniziale la ragazza entrò in carburazione e si dimostrò molto esperta. Alla fine chiese da quale convento venissi ed io le risposi candidamente: “Da qui di fronte, da Santa Chiara”.
“ Non credevo che anche voi faceste queste cose”
“ Ingenua lo facciamo più degli altri ed in convento spesso ci sodomizziamo a vicenda”.
Usci baldanzoso e cedetti il posto ai due cafoncelli.
A distanza di anni donna Amalia raccontava divertita l’episodio, aggiungendo che la ragazza, sicura di aver commesso peccato, il giorno dopo era andata a confessarsi e non aveva ottenuto l’assoluzione.

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