giovedì 22 marzo 2012

Il male cosmico

16/6/2008



L’esistenza del male è stata percepita presto dall’uomo, appena la scintilla dell’intelligenza si è accesa misteriosamente nel suo cervello. Il male non è un concetto, bensì è dotato di una sua oggettività, esiste al di là dell’uomo che lo percepisce, nel vuoto dello spazio siderale come nella coscienza dell’individuo, possiamo rintracciarlo nell’entropia come nel mangiare ed essere mangiati, è un buco nero nel processo della creazione, un abisso che si spalanca davanti all’espletamento del libero arbitrio.
Tutte le religioni hanno cercato di spiegarlo come contrapposizione al principio del bene, hanno affermato che essi sono complementari ed indispensabili nel creare l’armonia: l’esistenza dei malvagi dà evidenza ai buoni, nella stessa maniera in cui le ombre concorrono a far risaltare la luce ed il silenzio e le dissonanze contribuiscono ad esaltare una sinfonia. 
I miti e gran parte della storia della cultura e della politica sono state una riflessione sul male, dal peccato originale, a Caino e Abele, da Giobbe a Prometeo, senza dimenticare il fascino sinistro esercitato dal perverso sull’arte, nella tragedia greca ed  in letteratura da Sade a Baudelaire e Conrad.  
Tutte le filosofie hanno indagato su questa ingombrante presenza nella vita dell’uomo. L’antichità classica ed il cristianesimo hanno tentato di fornire una risposta al problema. Platone riteneva che il male non potesse derivare dalla divinità, perché estraneo alla sua essenza buona e perfetta; egli, con una concezione di straordinaria modernità, vedeva nella materia caos ed imperfezione, che solo parzialmente potevano essere ricondotti all’ordine dall’opera del divino artefice. 
Agostino, si pose all’infinito l’assillante domanda: “Si Deus est unde malum?”(Se Dio esiste da dove proviene il male?), giungendo alla conclusione che il male è una forma di non essere del bene, una privatio. 
Altri pensatori hanno proseguito le loro speculazioni fino ad ipotizzare una reversibilità tra filosofia della storia ed antropologia, che ha caratterizzato l’illusione dell’idealismo classico tedesco ed infine l’esperimento nichilistico di Nietzsche, da cui ha preso spunto Hitler, mentre la cupa follia del Novecento diveniva realtà con i campi di concentramento, apoteosi del male alla pari degli altri eccidi che hanno caratterizzato il XX secolo.
La triste circostanza che questi aberranti episodi di discesa agli inferi siano avvenuti mentre la civiltà occidentale sembrava all’apogeo ha dimostrato il totale fallimento della cultura umanistica e la desolante illusione di ogni visione ottimistica della storia. Ogni intervento divino nelle vicende umane è stato assente, a dimostrazione lampante della sua indifferenza al nostro destino o della sua impotenza a fronteggiare le forze del male.
La presenza del male nella vita dell’uomo è una cosa ovvia e da tutti accettata, ogni giorno dobbiamo fare i conti con esso e con le sue manifestazioni più eclatanti, tra le quali il dolore fisico occupa un posto di rilievo. Per poterlo percepire la natura ha previsto fibre nervose specifiche e mediatori chimici specializzati sia nell’uomo che negli animali. Il significato del dolore ci sfugge, anche se noi non riusciamo a sfuggire ad esso.
Quando spostiamo la nostra attenzione dalle vicende umane al mondo che ci circonda pure scorgiamo il male, o almeno ciò che ci sembra sia il male: un leone che azzanna un’antilope e si ciba della sua carne, togliendo una mamma ai suoi cuccioli, ci sembra una riprovevole crudeltà, ma la natura, che certamente è più saggia di noi, ha previsto queste modalità nei carnivori, i quali vivono distruggendo il corpo di altri animali. 
Se poi andiamo a cercare il male cosmico nelle pieghe dell’universo le difficoltà di reperirlo con precisione aumentano e l’unica bussola che possa guidarci è l’intuizione che esso esista anche tra stelle e pianeti.
Tutte le sacre scritture ci parlano di una creazione e tale concetto non è in contrasto con le più moderne vedute scientifiche, anzi è in perfetta sintonia con l’ipotesi del Big bang, la più accreditata a spiegare la nascita dell’universo.
Nel cosmo noi individuiamo un ordine che prevede delle leggi, alle quali obbediscono i pianeti nel loro moto gravitazionale così come le più piccole molecole e la presenza di tali leggi ci fa supporre la presenza di un programma e di un programmatore. 
Viceversa altri pensano che materia ed energia, sorte in uno stato informe o esistenti ab aeterno, si siano autoregolamentate, facendo emergere, per puro caso, tutte le leggi di unità e di ordine che gli strumenti della fisica ci permettono di intravedere e di misurare. Il principio dell’entropia tende ad escludere che la materia esista da sempre, mentre il calcolo delle probabilità ci ammonisce come l’idea che l’ordine riscontrato nell’universo abbia avuto origine per caso è estremamente improbabile.
Ma questa querelle non ci interessa in questa sede, perché in entrambe le ipotesi riusciamo ad intravedere in azione un principio del male.
Nella prima ipotesi, scorgiamo nel caos che caratterizza alcuni punti della materia indirizzandoli verso il disordine, una precisa volontà di contrastare le leggi immutabili che sottendono all’armonia del cosmo.
Nella seconda ipotesi, se il caso sovrintende da solo a generare regole ed accadimenti, vediamo dispiegarsi in tutta la sua potenza un principio malefico.
Possiamo concludere che se il bene è armonia il male è caos, se il bene è ordine il male è disordine, se il bene è equilibrio il male è asimmetria, se il bene è aggregazione il male è separazione.

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