domenica 18 marzo 2012

Il punto G tra realtà e fantasia

23/4/2007



Nei sacri testi di sessuologia, dal rapporto Kinsey ai volumi di Masters e Johnson, non vi è alcuna traccia del punto G, una zona particolarmente sensibile della vagina identificata negli anni Cinquanta dal ginecologo tedesco Ernst Grafenberg.
Come spesso capita nella storia della medicina più che una scoperta si trattò di una riscoperta, perché nella seconda metà del XVII secolo un medico e speziale olandese, tal Reigner de Graaf, in un suo libro, andato perduto ma ricordato negli scritti di vari autori suoi contemporanei, descrisse un’area in prossimità dell’introito vaginale di particolare sensibilità erogena. E se ci spingiamo ancora più indietro nel tempo, nella cultura orientale da epoca remota era noto che nel corpo della donna esisteva una zona, oltre al clitoride, che rivestiva grande importanza nel piacere sessuale, un’area definita Punto del piacere o Punto del Sole.
Grafenberg ritenne di identificare il punto G, che prese poi nome dall’iniziale del suo cognome, nello spazio tra la parete anteriore della vagina e la parete posteriore dell’uretra, ad una profondità di sei otto centimetri rispetto all’introito vulvare, in una zona anatomica dove già qualche istologo aveva segnalato la presenza di un tessuto da identificarsi come residuo di una primordiale ghiandola analoga alla prostata.
Per individuarlo bisogna utilizzare come punto di repere l’osso pubico e cercarlo nel terzo inferiore della parete anteriore della vagina. La sua ricerca è spesso difficile a causa delle sue ridotte dimensioni e per lo spessore delle pareti vaginali, che talune volte ne impedisce l’apprezzamento; è opportuno quando lo si ricerca per la prima volta in una donna portarla verso l’orgasmo preliminarmente attraverso una stimolazione clitoridea, perché le migliori condizioni per reperire e stimolare il punto G si presentano quando la donna è in uno stato di eccitazione, allorché la zona si inturgidisce ed aumenta le proprie dimensione per un fenomeno di captazione di sangue simile a quello funzionante nei corpi cavernosi del pene. Il punto G in queste condizioni si gonfie ed assume la forma di un piccolo bottoncino carnoso.
Tali situazioni sono difficilmente riproducibili in laboratorio, per cui esistono pochissimi lavori scientifici sull’argomento.
La risposta delle donne è variabile, essendo in alcuni soggetti modesta, mentre in altri può portare ad orgasmi molto intensi ed, anche se raramente, a veri e propri stati di alterazione della coscienza.
La vagina rappresenta nella donna adulta l’organo principale del piacere sessuale a differenza del clitoride, il quale è il primo organo a ricevere sensazioni voluttuose, che lentamente nel tempo tendono a spostarsi verso il fondo vaginale nella zona “mossa” dal muscolo pubo coccigeo, ove viene a crearsi la sede definitiva del piacere integrale.
Alcuni autori in tempi recenti hanno distinto le donne in vaginali e clitoridee, a seconda della zona erogena più facilmente eccitabile ed hanno evidenziato che mentre nell’orgasmo clitorideo, dopo un picco di voluttà si ha un repentino abbassamento dell’eccitazione, analogamente a quanto avviene nel sesso maschile, nell’orgasmo vaginale l’acme è raggiunto dopo un’ascesa più lenta, le onde di voluttà sono più dolci e più ampie e dopo la fase della detumescenza la donna, nel caso dell’orgasmo vaginale, è in grado di riprovare immediatamente l’esperienza orgasmica.
In alcune donne la stimolazione prolungata del punto G, attraverso la masturbazione o nel corso di un rapporto sessuale, si accompagna ad una sorta di eiaculazione con la produzione di una modesta quantità di fluido chiaro, che, sottoposto ad analisi di laboratorio, ha dimostrato una composizione simile al liquido generato dalla prostata, rafforzando l’ipotesi di un’origine embriologica comune.
Il significato teleonomico del punto G non ha costituito fino ad oggi un interesse da parte degli studiosi, ma alcune osservazioni indurrebbero a pensare che possa giocare un ruolo, non solo nell’eccitazione sessuale, ma anche nel meccanismo del parto. Infatti molte donne hanno riferito che l’orgasmo intenso provocato dalla stimolazione del punto G si accompagna ad una impellente sensazione di spinta verso l’esterno molto utile nella fase espulsiva, coincidente con una notevole pressione della testa fetale sulla zona erogena. Come pure molti ostetrici possono confermare che alcune pazienti hanno loro confidato che, malgrado le intense sensazioni dolorifiche del travaglio, pochi minuti prima dell’espulsione del bambino avevano raggiunto un orgasmo.
Parte delle sensazioni generate dal punto G forse possono essere un riflesso, data la vicinanza anatomica, della stimolazione dell’uretra, che in entrambi i sessi spesso risulta particolarmente stimolante, a tal punto che alcune persone alla ricerca di piaceri raffinati ed insoliti, eccita intenzionalmente la zona per mezzo dell’introduzione in essa di oggetti molto sottili.
Per sfruttare le risorse del punto G durante il rapporto sessuale bisogna assumere delle posizioni particolari, escludendo quella più comune nel mondo occidentale definita del missionario, nella quale la donna è distesa sulla schiena a gambe allungate ed aperte, mentre l’uomo si sistema tra le sue gambe e si distende su di lei, usando come punti di appoggio le ginocchia ed i gomiti. In  tale posizione l’organo sessuale maschile entra in contatto prevalentemente con la parete posteriore della vagina e non con quella anteriore dove si trova il punto G, la cui stimolazione è massima in tutte le posizioni nelle quali la donna sta viceversa al di sopra dell’uomo.
Le posizioni più idonee sono quella ventrale, nella quale l’uomo si sdraia sulla schiena e la donna si pone su di lui, facendo scivolare il pene nella vagina e la posizione a tergo, imitando quella adoperata da tutti gli animali durante l’accoppiamento. In essa la donna assume una posizione a quattro zampe, mentre l’uomo si pone posteriormente, in piedi o appoggiato sulle gambe.

Nessun commento:

Posta un commento