lunedì 19 marzo 2012

La donna barbuta

5/10/2007

Donna baffuta sempre piaciuta si usava mormorare nelle campagne meridionali, ma ogni limite ha una decenza direbbe il grande Totò e vedremo perché.
La lezione caravaggesca di crudo realismo fu ripresa da molti seguaci e tra questi va annoverato Jusepe Ribera, spagnolo di nascita, ma a tutti gli effetti napoletano doc, perchè, giunto giovanissimo in città, vi rimase per oltre 40 anni fino alla morte nel 1652. L’artista amava raffigurare la caducità della carne, a tal punto che Byron affermò che amasse intingere il pennello nel sangue dei martiri. Nella tela che esaminiamo: Donna barbuta col marito, oggi a Toledo presso la fondazione Medinacoeli, il pittore ci rende partecipi di un’aberrazione della natura, ritraendo Maddalena Ventura, una donna abruzzese maritata e madre di molti figli, intenta ad allattare l’ultimo nato, pur munita di una faccia totalmente virile, di una folta barba e di un torace egualmente peloso, da cui protrude una mammella ripugnante, gonfia di latte, in grado di spegnere per lungo tempo qualsiasi desiderio erotico in chicchessia. Sulla destra della composizione una lunga epigrafe descrive dettagliatamente la storia paradossale di questa coppia, ripresa dal vero nell’atelier del Ribera in cinque giorni di lavoro.
In primo piano una conchiglia, notorio simbolo ermafrodito o forse, più probabilmente, si tratta di un arcolaio con fili di lana, a rimembrare una tipica occupazione femminile, in stridente contrappasso con la paradossale mascolinità della donna.
Un’oscurità densa e drammatica avvolge i due coniugi, mentre il volto rassegnato del marito è raffigurato con toccante intensità. Le fisionomie dei coniugi sono scolpite con magistrale virtuosismo e restano impresse nella memoria, quanto e più della sferica mammella verso la quale, inconsapevole, rivolge le sue attenzioni l’innocente frugoletto.

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