mercoledì 21 marzo 2012

Un capolavoro mutilato

30/11/2007
Il Giudizio universale di Michelangelo prima della censura

Tra i capolavori più celebri della storia dell’arte mondiale il Giudizio universale, eseguito da Michelangelo (fig. 1), occupa un posto di rilievo, ma oggi noi possiamo ammirarlo, non nella versione originale, ma in quella censurata… dall’intervento di Daniele da Volterra, il quale coprì i genitali delle figure con delle specie di perizomi, lasciando inalterato il complesso dei corpi, ad eccezione di quelli di Santa Caterina e San Biagio, i quali, la prima completamente nuda, il secondo in posa disdicevole, furono dipinti ex novo.
I personaggi rappresentati dal Buonarroti sono oltre 400 e furono necessarie 48 braghe per coprire genitali esuberanti esposti senza alcun ritegno e terga poderose degne di un atleta olimpico più che di un apostolo o di un profeta.
Fortunatamente, anche se è noto a pochi, nel museo di Capodimonte esiste una copia fedele della stesura originale (fig 2) eseguita nel 1549 da Marcello Venusti, grazie alla quale è possibile ammirare ancora i corpi nudi resi sulla tela con spietata precisione anatomica con i muscoli che sembrano vibrare, sottoposti a superbe tensioni e funanboliche torsioni, mentre i volti dei personaggi, dal ghigno spesso feroce, esprimono felicità, paura, smarrimento. Il tutto reso in maniera realistica con la straordinaria pennellata  che Michelangelo, artista sommo, ma anche uomo divorato dall’inquietudine e mal tollerante di qualsiasi dogma religioso o istituzionale, volle immortalare, trasferendo nel Giudizio Universale  la sua concezione della vita e della morte, ben espressa dalla fragilità  dell'uomo nudo di fronte alla salvezza e al castigo.
L’inaugurazione avvenne la vigilia di Ognissanti, il 31 ottobre 1541 alla presenza del Papa, dei cardinali, degli ambasciatori e di tutti gli artisti presenti a Roma, oltre naturalmente del Buonarroti in persona.


Lo scalpore alla vista di tanti corpi poderosi nella loro animalesca nudità fu immediato: l'artista venne accusato di immoralità e intollerabile oscenità, poiché aveva dipinto delle figure nude, con i genitali in evidenza, all'interno della più importante chiesa della cristianità. Partì subito una campagna di censura e si arrivò ad ipotizzare di distruggere il capolavoro.
I giudizi negativi furono numerosi ed autorevoli, da Biagio da Cesena che affermò che il dipinto era più adatto ad un bagno termale che ad una cappella(avendo Michelangelo  dato il suo volto a Minosse giudice degli Inferi) ad Ambrogio Caterino che scrisse ripetutamente: “. C'è un pittore e scultore famoso della nostra età, di nome Michelangelo, che è mirabile nell' esprimere i corpi nudi e le parti vergognose degli uomini...e lo critico e detesto violentemente, per questo fatto. Infatti questa nudità delle membra appare indecentissima sugli altari e specialmente nelle cappelle di Dio”.
Lo scandalo fu enorme ed aumentò col passare dei giorni, dei mesi, degli anni. Da parte sua Michelangelo rispondeva alle critiche colpo su colpo e così  scriveva: "Dite al Papa che questa è piccola faccenda e che facilmente si può acconciare; che acconci Egli il mondo, che le pitture si acconciano presto". 
E si giunse al 1564, un anno dopo la chiusura del Concilio di Trento, quando fu deciso solennemente di coprire le vergognose pudende. Fortunatamente il sommo pittore non vide l’offesa perché era già morto il 18 febbraio. 
Daniele da Volterra dipinse a tempera sopra i colori originali che sono perciò salvi ed eventualmente recuperabili  sotto le ridipinture, ad eccezione di Santa Caterina e San Biagio che sono stati distrutti e ridipinti di nuovo. Erano inrecuperabili, infatti la santa, completamente nuda e dalle forme debordanti (fig 3) offriva i glutei ad un procace San Biagio, accovacciato alle sue spalle in posizione molto indecente, mentre San Sebastiano, anche lui nature, si godeva la scena.


Si è provveduto a vestire completamente la martire con un completino verde, senza toccare la testa, le braccia e la famosa ruota, rimaste autografe, mentre il collega, ricomposto, non volge più lo sguardo verso le forme opulente dipinte da Michelangelo, ma guarda devotamente il Cristo giudice (fig 4).


Ho fortunosamente reperito uno scritto di un contemporaneo un certo Gilio il quale raccontava: “Per meglio fare le persone ridere, l’ha fatta chinare [Santa Caterina]dinanzi a San Biagio con atto poco onesto, il quale, standole sopra con i pettini, par che gli minacci che stia fissa, et ella si rivolta a lui in guisa che dica ‘che farai?’ o simil cosa”.
Vorremmo concludere questa nostra breve carrellata irriverente tra i meandri della storia dell’arte segnalando una performance di un contemporaneo che, ispirandosi al lavoro di Daniele da Volterra, ha creato la Mutand art, una composizione di prepotente fantasia (fig 5) nella quale, con l’aiuto di un conputer, ha localizzato i 48 interventi del celebre brachettone.

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