mercoledì 28 marzo 2012

Uno splendido pendant di natura morta napoletana

2/8/2009

A dicembre alla mostra dell’antiquariato di Napoli sarà esposta una splendida coppia di nature morte con putti(fig. 01 – 02) di scuola napoletana frutto della collaborazione tra Andrea Vaccaro ed un generista di lusso.
Incuriosito da una pubblicità comparsa su un quotidiano, dove si vedevano i due dipinti, ho chiesto all’antiquario milanese le foto dei quadri, perché intendevo pubblicarle dopo averle studiate. Immediatamente, con squisita cortesia, ho ricevuto le immagini ed alcune notizie su di esse, tra cui un’antica attribuzione delle stesse ad Abraham Brughel ed Andrea Vaccaro di Federico Zeri, anche se compulsando l’archivio dello studioso, da alcuni mesi in rete, non ne ho trovato tracce.


Le due tele, proveniente da una collezione privata francese, rappresentano un’allegoria sia delle quattro stagioni che dei quattro elementi primordiali della natura e sono state eseguite certamente per un’importante residenza nobiliare.
Nell’Allegoria delle Quattro Stagioni il putto in basso è circondato dalla frutta disposta in primo piano e volge lo sguardo in alto mentre mostra un grosso grappolo d’uva nera; l’altro putto svolazza nel cielo tenendo nelle mani dei fiori. La luce emanata dai due putti illumina tutto il dipinto e la natura morta in primo piano rimanda al concetto di abbondanza, ripetuto anche nell’allegoria dei quattro Elementi dove, a simbolo dell’Aria, dell’Acqua, della Terra e del Fuoco, troviamo i frutti abbondanti della Terra, del Mare e del Cielo tenuti tra le mani dei quattro putti del tutto simili a quelli del quadro compagno.
I pendant in prima tela sono dipinti su tutti e due i lati e sul verso è rappresentato un cielo con uccelli in volo di mediocre qualità.
L’attribuzione dei putti al pennello ad Andrea Vaccaro è fuori dubbio, mentre per lo specialista di natura morta, nonostante l’autorevolissima attribuzione, ho avuto subito dei dubbi sia di natura stilistica che cronologica.


Sotto il profilo temporale è noto che l’artista nordico si trasferisce definitivamente a Napoli nel 1676, dove vivrà fino alla morte concludendo la sua carriera nel 1697 e collaborando con i maggiori pittori di figura in circolazione da Giordano a Solimena(fig. 03 – 04 - 05) a Nicola Vaccaro(fig. 06).

Anzi le tele eseguite all’ombra del Vesuvio spesso vengono riconosciute proprio dal collaboratore di figura che sceglieva sempre tra i più bravi; egli volse ad amplificazioni barocche il repertorio dei motivi di natura morta di fiori e di frutta, arricchendoli di pittoreschi fondali di giardino, animali rari e primi piani di figure, spesso facendosi coadiuvare anche da un paesaggista, in maniera da realizzare composizioni ridondanti e coloratissime, che gli valsero il nomignolo di «fracassoso», coniato dalla fertile fantasia del De Dominici, il quale nel descriverlo così proseguiva: «preso un cocomero ben grosso lo lasciava cadere a terra, e come rimaneva rotto in quell’accidente lo dipingeva». Un modo elegante e discorsivo per esaltare quello stile brioso e leggero, per quanto elegante e spontaneo, che cozzava con quella solida lucidità ottica degli epigoni della scuola napoletana suoi contemporanei, da Giovan Battista Ruoppolo a Giuseppe Recco.


Alla luce di queste considerazioni una partecipazione di Andrea Vaccaro, morto nel 1670, risulta difficile da ipotizzare, perché a Roma il Brueghel aveva dei suoi collaboratori fedeli che lo coadiuvavano.
Inoltre la lucentezza metallica dell’armatura di antica ascendenza caravaggesca in una delle due tele(fig. 02) fa pensare ad uno specialista come Giovan Battista Ruoppolo, abile nelle creazioni di fiori e frutta, ma che più di una volta si cimenta anche nel dipingere pesci, come si può vedere nella mia monografia sulla natura morta napoletana(fig. 96 – 99) in particolare la spigola che troneggia nel dipinto di collezione privata(fig. 07) o nella tela del Banco di Napoli(fig. 08) o nella raccolta Pagano(fig. 09), siglata, è sovrapponibile a quella che si vede in una delle due nature morte in esame(fig. 02), facendo cadere ogni incertezza nell’assegnare al Ruoppolo la paternità dei due dipinti che saranno in mostra ia Napoli.
Una variazione attributiva che nulla toglie alla bellezza dei due pendant, essendo Giovan Battista pittore di eguale, se non superiore, quotazione del Brueghel.


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