domenica 5 maggio 2013

Un animale da palcoscenico

Peppe e Concetta Barra

La tradizione musicale e teatrale partenopea annovera dei giganti, al cui confronto i loro colleghi contemporanei impallidiscono; in ogni caso vi sono delle figure, attualmente in attività, che portano ancora in giro per l’Italia e nel mondo lo spirito immortale della napoletanità e tra questi personaggi spicca Peppe Barra, il figlio prediletto dell’indimenticabile Concetta.
La sua casa napoletana somiglia ad un sacrario pop contaminato alla perfezione con una  wunderkammer barocca. Infatti, in bella mostra, dappertutto vi sono statuine raffiguranti anime purganti tra le fiamme sotto lo sguardo severo di Madonne sotto vetro, idoli della tradizione cubana e feticci trafitti della macumba.
Sua nonna, che ricorda con nostalgia, aveva degli splendidi occhi blu, mentre Peppe ha ereditato i suoi occhi saraceni da quella gitana di Concetta, madre adorata ed a lungo compagna di palcoscenico.
Peppe parla con grande tenerezza di nonna Michela con la quale è cresciuto, mentre i suoi genitori erano spesso assenti per motivi di lavoro.
Il suo debutto a tre anni in uno spettacolo per la Croce Rossa con un pubblico costituito da soldati feriti, sia americani che italiani. Entrò in scena subito dopo l’imitazione di Charlot di papà Giulio: mentre l’orchestra di Armando Trovajoli intonava un frenetico boogie woogie, vestito da pupazzetto tirolese, si muoveva veloce come una trottola; alla fine del ballo fece un inchino e la folla, mentre applaudiva, lanciava stecche di sigarette, cioccolata e caramelle.
Fu un trionfo concluso in braccio ad una crocerossina americana.

Peppe Barra

Peppe Barra

 Peppe Barra

Quindi la famiglia Barra si trasferisce a Procida, quando il turismo non aveva ancora contaminato l’isola di Arturo, un’oasi di tranquillità lontana mille miglia dalla Napoli cupa, descritta magistralmente da Curzio Malaparte ed Anna Maria Ortese.
Ritornati in città, Peppe frequenta la scuola di recitazione della mitica Zietta Liù, che ben ricordano coloro che hanno solo capelli bianchi. Egli faceva da jolly e quando, indifferentemente un bambino o una bambina si ammalavano, li sostituiva, con le sarte impegnate a trasformargli gli abiti in uno sfolgorio di strass e paillettes.
L’incontro che creò una svolta decisiva nella sua carriera fu quello con Roberto De Simone, il quale cercava voci per la Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Era il 1966 e stava per esplodere un indimenticabile revival di folk popolare, che entusiasmò lo stesso Eduardo De Filippo, categorico come sempre con il suo “fujtevenne”, che infatti li fece esordire, grazie ad un’amicizia con Romolo Valli, al “Festival dei due mondi”  di Spoleto, che tenne a battesimo la prima rappresentazione della “Gatta Cenerentola”, a tutt’oggi uno degli spettacoli più importanti del teatro italiano. Tra gli intellettuali che si innamorarono del capolavoro vi fu Fellini, che lo guardava ogni giorno, per poi cenare con Giulietta Masina e De Simone ed esternare le sue emozioni sempre diverse.
Un altro spettacolo importante nella sua carriera fu ”Ppèmùseca”, un collage di musiche barocche, che debuttò nell’auditorium di Castel Sant’Elmo e, naturalmente, “La cantata dei pastori” con le scenografie di Lele Luzzati, un appuntamento costante delle feste natalizie a Napoli.
Un racconto cui tiene molto Peppe è quando con la mamma  si recò negli Stati Uniti  a trovare le due zie: una,  Nella, compagna di Harry Belafonte,  viveva in Florida, mentre zia Maria risiedeva a Columbus in Nebraska.
Le tre sorelle negli anni quaranta avevano costituito il Trio Vittoria, che si esibiva per le truppe al fronte e quando si incontrarono dopo tanti anni di lontananza, dopo abbracci, baci e lacrime, intonarono all’unisono “Ba, ba, baciami piccina sulla bo, bo, bocca piccolina”, un successo degli anni trenta.
Personalmente ho avuto ripetutamente occasione di ammirare Peppe Barra dal vivo, dalla prima indimenticabile rappresentazione della Gatta Cenerentola alle sue numerose riproposizioni, orfane della mitica Compagnia di Canto Popolare, nel frattempo trasformatasi in tanti piccoli big, fino all’ultima volta, due anni fa, a Villa Pamphili a Roma, quando, visibilmente invecchiato, conservava intatto il ruggito del leone.
L’ultimo, almeno per il momento, incontro fondamentale è quello con John Turturro, che lo scelse tra gli interpreti fondamentali del film “Passione”, uno straordinario song movie sulla canzone napoletana, un vero e proprio monumento ad una tradizione musicale unica al mondo e, lo confesso, l’unico film, a parte pellicole di Totò, che ho visto ben tre volte. 
Peppe Barra

Peppe Barra

gli occhi saraceni di Peppe Barra

Peppe Barra

Peppe Barra

Peppe Barra


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