martedì 26 novembre 2013

UN ARTISTA OMOSESSUALE DICHIARATO

Leopoldo Mastelloni


Leopoldo Mastelloni, nato a Napoli nel 1945 da una nobile famiglia di giuristi, coi titoli di marchese di Capograssi e duca di Castelvetere, dopo essere stato cacciato da diverse scuole per il carattere esuberante si diploma al Liceo Colletta di Avellino. È fratello del giudice Carlo Mastelloni.
Dopo le prime esperienze teatrali giovanili con gli amici del rione Cavour di Napoli-Barra, debutta ufficialmente come attore a Napoli, nel 1965, al Teatro Esse, dove recita in opere di Antonin Artaud, Jean Genet, Hugo von Hofmannsthal con la regia di Gennaro Vitiello.
Nel corso della sua carriera, numerose volte ha interpretato anche personaggi en travesti,  rivelando anche la sua omosessualità, che ha affermato aver scoperto presto.
Agli inizi degli anni Settanta viene notato da Antonello Falqui, maestro del varietà televisivo italiano, che lo vorrà insieme a Loredana Bertè e Christian De Sica nello spettacolo in sei puntate Bambole, non c’è una lira!, dedicato alla rievocazione dell’avanspettacolo e del teatro leggero italiano della prima metà del Novecento.
In teatro continua a esibirsi nel repertorio drammatico (Aminta di Torquato Tasso con Carmen Scarpitta e la regia di Giancarlo Cobelli) e compie qualche incursione nel teatro leggero e nel cabaret (Più crudele di Venere, con Massimo Boldi e Teo Teocoli, regia di Sandro Massimini).
Al Festival dei Due Mondi di Spoleto, nel 1975, interpreta insieme a Massimo Ranieri, Angela Luce e Mariano Rigillo Napoli, chi resta e chi parte, di Raffaele Viviani, messo in scena da Giuseppe Patroni Griffi.
Nel 1976 va in scena al Teatro Tenda di Roma in Mastellomania, e dal 1976 al 1980 replica Carnalità di Giuseppe Patroni Griffi. Nel 1979 incide un 45 giri intitolato Il mio slip fa pam pam che se non scala le classifiche di vendita contribuisce però a far recepire il lato autoironico del personaggio. Nel 1980 torna al varietà televisivo con Antonello Falqui nelle cinque puntate di Studio ‘80 e appare, nel ruolo del maggiordomo John, nel film Inferno di Dario Argento, accanto ad Alida Valli e Daria Nicolodi.
Al cinema tornerà poi, sempre nei primi anni Ottanta, con due commedie: Culo e camicia di Pasquale Festa Campanile, con Renato Pozzetto, e Per favore, occupati di Amelia di Flavio Mogherini, tratto da Georges Feydeau. Nel 1981 torna in sala di incisione per Ambiguità, intenso brano che è anche sigla finale del programma televisivo Di tasca nostra.
Nel 1984, porta in scena Cammuriata, di Giuseppe Patroni Griffi. Nel corso dello stesso anno durante una puntata di Blitz, pronuncia accidentalmente una bestemmia in diretta TV: l’episodio, nonostante l’assoluzione del Tribunale di Viareggio, gli costa anni di ostracismo e allontanamento dalla RAI. Accanto a F. Murray Abraham interpreta, nel 1988, Russicum, di Pasquale Squitieri.
Nel 1991 realizza il 33 giri Rythmo italiano, dove interpreta brani di Ivan Cattaneo, Josè Feliciano e Donatella Moretti. Negli anni successivi Mastelloni prosegue nell’attività teatrale, portando in scena testi di Eduardo De Filippo (Sabato, domenica e lunedì), Carlo Goldoni (La bottega del caffè), Giuseppe Patroni Griffi (Tragedia reale), Luigi Pirandello (Questa sera si recita a soggetto), Raffaele Viviani (La morte di Carnevale).
Nel 2000 torna in sala d’incisione per la realizzazione di Quando ero un neomelodico un album dove, con ironia e mestiere, interpreta quattordici brani in napoletano, e l’anno successivo porta in teatro la rappresentazione Nudo e crudo, di Pierpaolo Pasolini.  Nel 2006 partecipa al reality show La fattoria rimanendo in gara per oltre un mese, venendo eliminato nel corso della sesta puntata con il 52% dei voti.
Nel 2007 è a teatro con la rappresentazione dello spettacolo di Eduardo De Filippo Io, l’erede.
Ha partecipato a numerosi film di successo:
Camorra di Pasquale Squitieri (1972)
La pupa del gangster di Giorgio Capitani (1975)
Frou-frou del tabarin di Giovanni Grimaldi (1976) - non accreditato
Napoli... serenata calibro 9 di Alfonso Brescia (1978)
Avere vent’anni di Fernando Di Leo (1978)
Inferno di Dario Argento (1980)
Culo e camicia di Pasquale Festa Campanile (1981)
Canto d’amore di Elda Tattoli (1982)
Per favore, occupati di Amelia, di Flavio Mogherini (1982)
Barbablù, Barbablù di Fabio Carpi (1987)
Russicum - I giorni del diavolo di Pasquale Squitieri (1988).
Ha lavorato in televisione
Il galantuomo per transazione, commedia di Giovanni Giraud, con Mario Valdemarin, Manlio Guardabassi, Carlo Romano, Lucio Rama, Elisabetta Carta, Leopoldo Mastelloni, Emanuela Fallini, Edda Albertini, regia di Carlo Lodovici, trasmessa il 13 luglio 1973.
Tre ore dopo le nozze, con Leopoldo Mastelloni, Tonino Accolla, Santo Versace, Paolo Bonacelli, Gianfranco Ombuen, Quinto Parmeggiani, Tonino Bertorelli, Flora Mastroianni, Mariano Rigillo, Mario Brusa, Remo Remotti, Gustavo Conforti, Daria Nicolodi, Misa Mordeglia Mari, regia di Ugo Gregoretti, trasmessa il 31 marzo 1979.
“I Mandelstamm” con Piera degli Esposti e Glauco Mauri per la regia di Massimo Scaglione Mastelloni interpreta il ruolo surreale del narratore e recita anche brani di Petrarca e Majakovskij Per la serie Racconti italiani con la regia di Pasquale Squitieri interpreta il ruolo di protagonista ( Peppino )nel 1981 del film televisivo tratto da un racconto di Domenico Rea: La segnorina, con Lina Sastri e Ida di Benedetto ed ottiene critiche lusinghiere e il premio come miglior attore a Saint Vincent.
Ha inciso alcuni dischi:
1980 - Il mio slip fa pam pam (Dischi Ricordi, SRL 10861, 7")
1980 - Ambiguità (Durium, Ld AI 8099, 7")
1991 - Rhytmo italiano
2000 - Quando ero un neomelodico
2007 - 87 Amori
Di lui vi sono un paio di biografie
Andrea Jelardi, Queer tv, omosessualità e trasgressione nella televisione italiana, Croce, Roma 2007 - prefazione di Carlo Freccero.
Andrea Jelardi, Giuseppe Farruggio In scena en travesti, Il travestitismo nello spettacolo italiano, Croce, Roma 2009, con divagazioni di Vittoria Ottolenghi.
Di recente la città di Positano lo ha premiato nei 45 anni del suo esordio e l’attore ha concesso al Mattino un’intervista.
Quasi mezzo secolo di palcoscenico, provocatorio, sfrontato mai omologato. Tutto per Leopoldo Mastelloni è cominciato proprio a Positano dove stasera riceverà II Premio Annibale Ruccello 2013 al Teatro Giardino di via Pasitea, nel contesto del decennale del Positano Teatro Festival. Una serata d’onore che culminerà nello spettacolo «Moonlight serenade, ovvero serenata sotto la luna a Positano», in cui l’artista partenopeo proverà sorprendere, ancora una volta.
Mastellone ci parli degli esordi di Positano?
«Innanzitutto sono 45gli anni di carriera, per la precisione. Era l’agosto '68, periodo irripetibile, straordinario, di grande fermento culturale. Avevo 23 anni, ed è stato proprio allora che “Il Mattino” mi dedicò il primo articolo della mia vita. Accadde per una serata al Quicksilver, discoteca di Positano che non c’è più già da tanti anni. M’inventai un intreccio di poesia, body art, musica. Una cosa che oggi sarebbe all’ordine del giorno ma che allora era un pò “avanti”, per usare un eufemismo. C’era anche una “Grazie dei fiori” da ballare, insomma una mezza rivoluzione. Fece scalpore. Quella discoteca poi negli anni successivi fece paura. Dato il periodo di proteste politico-sociali fu additata come un covo di hippy che fumavano droga, ci furono anche irruzione dei carabinieri, perquisizioni. Ma non trovarono nulla».
Chi c’era in quel tempo a Positano?
«A parte me e Gerardo D’Andrea, che ha creato il Positano Teatro Festival, c’era un intreccio di artisti che spaziavano dalla pittura alla musica, dal teatro al cinema. C’era Eduardo Arroyo, grande pittore spagnolo, e un cantautore rock come Shawn Philips, c’erano Monica Vitti e Franco Zeffirelli, poi Eduardo, Sordi, Magnani, oltre a Giorgio Napolitano, Dudù la Capria e tanti altri. Ci si ritrovava tutti gli anni lì, per parlare, confrontarsi, litigare, divertirsi. Io ero un giovane artista fiero di stare in quella compagnia. Posso dire che Positano è stata una grande madre d’arte e la ringrazio ancora per avermi dato il coraggio di osare, di far nascere e credere nella mia espressività artistica».
Da Positano, poco dopo, passarono pure Nico, dei Velvet Underground, e Philippe Garrell. Un’epopea irripetibile?
«Potrebbe ancora esserci un ritorno di quella vitalità intellettuale, di quella libertà, ma tutti sono arroccati sulle loro posizioni per paura di perdere il loro orticello. Per fortuna ora c’è questo festival che resiste grazie anche all’impegno del sindaco Michele De Lucia».
Lei in quel tempo era protagonista al Teatro Esse di Napoli di Gennaro Vitiello?
«Altro tempio straordinario. Ricordo che debuttai lì con un lavoro in cui facevo il mattatore, proprio come Gassman, cui mi ero ispirato. Mi piaceva l’idea di poter spaziale tra i generi, senza omologazioni, senza barriere, alternando, ad esempio, la “Medea” alla commedia, alle canzoni. Poi arrivò la tv con Antonello Falqui e “Bambole non c’è una lira”. Poi “Mastellomania”, “Carnalità”, “Cammurriata”. Di tv ne ho fatta poca ma le cose che ho fatto si ricordano, non solo il famoso episodio della bestemmia del 1984 a “Blitz” con la Pende: doveva essere il mio momento d’oro, ma mi stroncarono. Quell’anno avevo vinto sette premi al festival di Taormina, ma, quando andai a ritirarli sul palco non mi fecero dire neppure una parola. Pochi mesi prima con Rita Ortese avevamo realizzato per Raiuno uno special sulla mia carriera. Non è mai più andato in onda e ancora oggi è nelle teche».
Mastelloni scomodo.
«Fossi stato “politico” oggi forse dirigerei qualche festival importante. A proposito di festival, al Napoli Teatro Festival non mi hanno mai neppure invitato a vedere uno spettacolo. E ho detto tutto».
Cosa presenterà stasera in «Moonlight serenade»
«Dodici brani, dodici canzoni popolari che ho riscritto a modo mio, in versione napoletana. Ci sono Brecht-Weill, “Cabaret” di Bob Fosse, la Piaf, le canzoni scandalose di Laura Betti, Gershwin. Il tutto nudo e crudo, senza palco, su un tavolato, con un occhio di bue, il trucco bianco e la mia lacrima di Pierrot».

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