mercoledì 5 marzo 2014

Napoli capitale delle arti sanitarie

Farmacia degli Incurabili

Alla facoltà di medicina di napoletana appartengono numerosi record. Enunciarli tutti sarebbe prolisso per cui citeremo soltanto il primo taglio cesareo, avvenuto sul finire dell’Ottocento, e la prima fecondazione in vitro italiana. Un primato antico ed uno recente a dimostrazione della forza di una tradizione che non accenna ad affievolirsi.
Soprattutto il secondo, l’11 gennaio 1983 destò scalpore e per una cronaca più dettagliata dell’avvenimento rinviamo al capitolo “Dalla ruota dell’Annunziata al signore delle nascite”, contenuto nel 1° tomo del mio “Napoletanità, arte, miti e riti a Napoli”, mentre per il “Museo delle arti sanitarie” a pag. 157-159 del 2° tomo. (Entrambi consultabili su internet).
Proprio in questi giorni in questa splendida struttura ospitata nelle sale dell’ospedale degli Incurabili vi è una mostra sul mestiere del cavadenti tra arte, medicina e “torture”.
Chi entra in uno stato d'ansia al solo pensiero del dentista, dovrebbe invece provare sollievo immaginando quello che avrebbe dovuto affrontare se si fosse vissuto qualche secolo o anche qualche decennio fa. Oggi ce la caviamo con anestesie locali e antibiotici ma un tempo le estrazioni dentarie erano appannaggio di barbieri (nelle vesti di chirurghi), di cerusici ambulanti e persino di veri e propri ciarlatani che, dopo aver stordito il malcapitato con un bel bicchierino di alcol, poi interveniva spesso peggiorando la situazione. La lugubre fama del cavadenti ha avuto la sua diffusione anche a Napoli e si ripercorreranno le tappe principali di questa storia nella mostra «il cavadenti. Percorso museale nella storia dell' odontoiatria e dell'odontotecnica».
«Un'esposizione senza precedenti nel suo genere» la definisce Gennaro Rispoli, fondatore e direttore del museo, «che offre al visitatore la possibilità di godere del racconto, caratterizzato da un tono divulgativo e a tratti ludico, dell'incredibile storia della cure rivolte alla dentatura degli uomini, dal Seicento al Dopoguerra». Gli Incurabili come luogo di questa esposizione non è stato scelto a caso, perché è proprio nella cittadella sanitaria di Caponapoli, dedicata alla cura dei malati sin dal Medioevo, che alcuni protagonisti della storia della medicina, come Filippo Ingrassia e Marco Aurelio Severino, hanno riconosciuto per primi una dignità scientifica a quella che fino ad allora era una pratica considerata di secondo piano. Sempre agli Incurabili, poi, un altro luminare della medicina, Domenico Cotugno, alla fine del '700 si interessò ai nervi mandibolare e linguale, e alla relazione esistente tra il dolore al dente e quello all’orecchio. 
E del resto proprio a Napoli, quasi un secolo prima, nel 1632, il barbiere Cintio d’Amato aveva pubblicato il “Nuova et utilissima prattica”, ossia il primo libro in lingua italiana in cui la materia odontoiatrica è trattata in maniera molte estesa indipendentemente dalla medicina generale e dalla chirurgia, affrontando soprattutto gli aspetti igienici ed estetici, compresi i suggerimenti per il trattamento delle gengive e il modo di mantenere i denti bianchi e senza tartaro. Ma Napoli detiene altri primati, anche più recenti, nell’ambito della cura dei denti: qui nel dopoguerra si insegnò per la prima volta in Italia la chirurgia maxillo-facciale, mentre nel 1957 parola prima vera campagna di igiene orale senza precedenti nel resto del Paese. 
Ma ciò che colpisce di più è la mostra, con l’esposizione inedita degli strumenti un tempo utilizzati dal dentista. Grazie alla ricchissima "Collezione Gombos" è possibile osservare - con un misto di terrore mettendosi nei panni di chi ha avuto mal di denti prima di noi, ma anche di sollievo per averla scampata bella - centinaia di pezzi tra macchinari d'epoca, antichi ferri per estrazione, attrezzature rare, campioni di caucciù usati un tempo come resina per le protesi, vecchie stampe, fotografie, libri e, ovviamente, denti di ogni foggia e provenienza. «Certi ferri del mestiere erano di una brutalità incredibile» sottolinea Fernando Gombos, «basti pensare al pellicano, uno strumento che si inseriva tra le radici da estrarre e, facendo leva sul mento o sui tessuti circostanti, strappava letteralmente il dente. Oggi è una passeggiata, le nostre paure di andare dal dentista sono solo un retaggio culturale». 

La figura del cavadenti  in una terracotta del presepe

Il pellicano vecchio cavadenti

Trovandoci in argomenti vogliamo accennare al recente ritrovamento di un consulto via lettera del celebre medico e patriota Domenico Cirillo. Di Domenico Cirillo, il celebre scienziato napoletano decapitato in piazza Mercato nel 1799 per aver aderito alla Repubblica, fino ad oggi si conoscevano lettere autografe attinenti solo ed esclusivamente ad argomenti personali o studi botanici. Da oggi in poi, invece, i rari originali di Cirillo possono annoverare anche una lettera inedita, la cui esistenza non si è mai lontanamente neanche immaginata, scoperta per caso tra gli scaffali di una libreria antiquaria di Parigi 
L’eccezionale documento è adesso in fase di studio da parte dei maggiori esperti del settore, ma la sua autenticità è indiscutibile ed è possibile anticiparne il contenuto in base a una prima approfondita ricostruzione, secondo cui si tratta della prima e finora unica lettera di Cirillo a carattere esclusivamente medico.
«Lo scritto di Cirillo è un vero e proprio consulto» precisa Armone Caruso, «datato 20 aprile 1780. La lettera, dalla grafia minuta, si compone di quattro pagine, ed è indirizzata a una donna, appartenente molto probabilmente a una casata allora ben in vista. L'importanza della scoperta, oltre che per desumere le conoscenze mediche di allora, consiste anche nell'unicità, al momento, di pervenire a uno scritto "sui generis" del Cirillo: difatti, a differenza di Domenico Cotugno, di cui ci sono pervenuti numerosi consulti e testimonianze, su Cirillo era impensabile fino ad oggi anche solo pensare di poter recuperare un documento del genere». 
Nella lettera ritrovata, Cirillo risponde alle richieste di cura di una nobildonna, la cui nazionalità è ancora ignota ma presumibilmente si tratta di una donna italiana che, in base a una prima analisi del testo, dopo una gravidanza ha contratto un virus e lamenta la paralisi degli arti inferiori. il medico non si sottrae alla richiesta e così organizza una terapia per farla guarire, consigliandole siero di latte, un emetico, un lassativo e dei bagni agli arti inferiori. 
Si tenga conto che Cirillo, oltre che per le sue competenze botaniche e la sua partecipazione alla Repubblica partenopea, era un medico che, pur operando nel Settecento, si ispirava a un’etica professionale che solo di recente ha trovato ampia diffusione. «Cirillo si può considerare un medico ante-litteram, anche per quella sua visione della sanità che cerca di rendere sempre più umanizzata, mettendo al centro di ogni intervento il paziente, la sua sensibilità, la sua condizione psicologica prima che fisica. Se si pensa che oggi, per portare avanti questo principio, si tengono addirittura dei corsi universitari di umanizzazione della sanità, si capirà ancor di più quanto sia importante questa scoperta».
La lettera sarà esposta prossimamente nell'apposita"Sala Cirillo" costituitasi presso il museo delle Arti Sanitarie e di Storia della medicina dell' ospedale Incurabili, nell' ambito del quale Armone Caruso è il coordinatore del gruppo dedicato al medico napoletano. «Questa sala del Museo è stata concepita proprio con l'intento di promuovere la figura di Cirillo, quale esponente di una cultura . scientifica e medica di indiscusso valore nel panorama nazionale e internazionale, cercando quindi di mettere in luce gli aspetti poco noti di colui che è stato un grande medico, un illustre scienziato, un botanico di fama e un eroe». 
Tra i prossimi progetti di ricerca storico-medica, ideati e curati dal museo delle Arti sanitarie e dal Gruppo Cirillo, ci sono convegni scientifici e appuntamenti artistici di diverso genere, ma tutti accomunati dal perseguimento di una opera di salvaguardia e di valorizzazione del patrimonio scientifico-culturale cittadino, soprattutto attraverso la ripresa e la restituzione di quei personaggi, come Cirillo, che nella storia hanno contribuito a decisive conquiste per l'umanità.


Domenico Cirillo studioso e botanico ritratto in una stampa d'epoca





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