mercoledì 7 maggio 2014

Un prototipo veneto per una tela napoletana


Un collezionista mi ha inviato tempo fa la foto di  un suo dipinto (fig. 1) da esaminare e subito, come una folgorazione, lo ho collegato ad un quadro (fig. 2) attribuito da parte della critica a Carlo Rosa,  (Giovinazzo 1613 - Bitonto 1678),  collocato dal De Dominici tra gli allievi di Stanzione, ma la cui prima formazione deve essere avvenuta senza dubbio nella sua Bitonto, probabilmente presso il maestro locale Alonso De Corduba.
Trasferitosi nella capitale, grazie all’interessamento del vescovo di Bitonto Fabrizio Carafa, napoletano di origine e dotato di grande cultura, comincia la sua attività nelle chiese della Sapienza e dei SS. Apostoli.
Nella prima è documentato nel 1641 con una Guarigione dell’ossesso, mentre il San Gregorio taumaturgo ed il San Carlo Borromeo nella seconda chiesa, a lui attribuiti nel Seicento, non sono più identificabili con chiarezza.
Nel 1643 egli si trasferisce in Puglia e concentra la sua attività nella provincia di Bari, ove ancora oggi possiamo identificare alcune sue splendide tele nel soffitto della basilica di San Nicola.
Dà luogo ad una vera e propria bottega detta «di Bitonto» creando una generazione di artisti, tra i quali si distinsero Francesco Antonio Altobello e Nicola Gliri.
Prese forma una sua maniera originale che unì «la bella tinta di Guido ed il gran chiaroscuro del Guercino, che egli seppe tradurre nelle macchie luminose dei suoi dipinti».
Ebbe il compito di completare il ciclo di affreschi nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano di Conversano lasciati incompiuti dal Finoglia morto nel 1645.
Spesso le sue opere sono state tacciate di trascuratezza nell’esecuzione, ma bisogna tener conto che le sue decorazioni a volte erano definite sommariamente perché dovevano essere osservate a grande distanza. Il suo alunnato presso lo Stanzione addolcì la sua matrice manierista e si coniugò all’influsso che sull’artista ebbero sia Mattia Preti che il Lanfranco, incontrato nel periodo di attività ai SS. Apostoli.
Nel 1678 il Rosa chiude la sua esistenza a Bitonto e riposa nella chiesa del Crocifisso che fu ideata da lui stesso.
La tela in esame raffigura un'Ultima cena (fig. 2), la quale si trovava nella chiesa del Corpus Domini di Acerra, oggi sede del museo diocesano. Venne trafugata nel 1992 assieme ad altri quadri, tra cui uno raffigurante le Nozze di Cana, che fungeva da pendant e solo recentemente è stata recuperata dal nucleo speciale dei carabinieri, esposta in una mostra a Roma sull'arte recuperata e posta all'attenzione degli studiosi.
Giovanna Grumo ha attribuito nella scheda del catalogo la tela a Carlo Rosa, ipotesi che condividiamo, mentre Angela Schiattarella ne ha sottolineato la derivazione da una matrice culturale tardo manierista veneta.
Lo schema della composizione è risolto tutto su una diagonale quasi a cannocchiale, ad accentuarne la profondità. L'autore non risente dei canoni del naturalismo, ma accoglie pienamente le soluzioni della corrente neoveneta degli anni 1635 - 40, così che il vigoroso impianto impianto disegnativo ed il forte contrasto chiaroscurale si mitigano sotto una stesura del colore più calda e pastosa, tale però da lasciare spazio a macchie di acceso cromatismo.
Il prototipo a cui riteniamo di riferirla, per l'identica disposizione delle figure è l'Ultima cena (fig. 1)  in una collezione privata di Genova, la quale, dopo attenti raffronti, va collocata intorno al 1610 ed assegnata al pennello di Palma il giovane, di cui riferiamo alcuni dati biografici.
Il pittore manierista italiano Jacopo di Antonio Negretti, conosciuto come Palma il Giovane, nasce nel 1548 a Venezia. 
E' chiamato Palma il Giovane per distinguerlo dal prozio, il pittore bergamasco Jacopo da Palma il Vecchio.
Pittore veneziano, nato dal padre Antonio, Jacopo inizia la sua produzione artistica verso il 1565.
Si dice sia stato allievo di Tiziano. Questa ipotesi si basa sul fatto che Palma il Giovane completa la Pietà che Tiziano aveva lasciata incompiuta. 
La sua formazione avviene in un clima caratterizzato dalla contrapposizione tra la scuola veneta e quella romano-fiorentina: la prima dominata da Tiziano, mentre la seconda rappresentata da Raffaello e Michelangelo.
Jacopo inizia la sua attività artistica all’età di vent’anni entrando al servizio di Guidobaldo II della Rovere, per il quale esegue a Urbino copie di Raffaello e Tiziano.
Nel tardo 1570 e l'inizio del 1560 lavora nel centro Italia, soprattutto a Roma. 
Durante la sua permanenza romana Palma il Giovane frequenta ambienti legati al manierismo.
Tutto il resto della sua vita lo trascorre però nella sua città natale Venezia e dopo la morte del Tintoretto nel 1594 diventa il pittore più importante della città.
Nel 1574 riceve l'incarico di dipingere una grande tela per il soffitto della Sala del Maggior Consiglio la "Venezia coronata dalla Vittoria" eseguita nel 1577/78, dopo il devastante incendio che distrusse gran parte del Palazzo Ducale e numerosissime opere di artisti famosi in esso contenuti.
Il suo stile e la sua arte si perfezionano proprio in Veneto sotto gli influssi "luministici ed il movimento drammatico" del Tintoretto, il "verismo" del Bassano, lo "stile decorativo" del Veronese. 
Palma il Giovane riscuote grande fortuna nella provincia bergamasca, dominata per secoli dalla pittura veneta.
Nel 1582 si sposa con Adriana Fondra. Il matrimonio purtroppo è causa di spiacevoli preoccupazioni per il pittore dovute all'animo instabile della moglie. Ad aggravare la situazione famigliare anche la prematura morte dei due figli degli sposi e quella subito dopo della moglie stessa, avvenuta nel 1605. 
Il suo stile è stato influenzato da alcuni dei suoi grandi predecessori di scuola veneto-veronese così come Tiziano e Tintoretto e dal Manierismo dell'Italia centrale.
Durante la sua vita Palma il Giovane è estremamente prolifico, dipinge opere commissionate spesso dall'estero e lavora per molte chiese veneziane. 
Realizza soprattutto dipinti con immagini religiose, storiche e mitologiche, e si dedica anche alle incisioni.
 Palma il Giovane muore "oppresso dal catarro" nel 1628 a Venezia.
Achille della Ragione

fig. 1 - Palma il giovane: Ultima cena - Genova collezione privata

 fig. 2 - Carlo Rosa : Ultima cena - Acerra chiesa Corpus Domini 

100 inediti di pittura napoletana

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