mercoledì 30 novembre 2016

Una lettera da Rebibbia, quanta malinconia

 "MAIDIRE MAIL" <rebibbianc@maidiremail.it>
Costantini Marco le ha inviato un messaggio che trova in allegato.
Costantini Marco has sent you a message, please find it attached.
illustre conte,
i suoi nobili amici porgono cari saluti a sua altezza, siamo qui real dimora dove lei ha scritto pagine memorabili, tali da fare invidia allo scibile umano.
Ci siamo domandati, se signoria vostra fosse in otima salute? considerato che da illo tempore non riceviamo sue notizie! si ricordi sempre che noi ricordiamo le sue gesta, e riserviamo un posto in prima fila, nel teatro e nei meandri dei nostri cuori.
Con la speranza che questi anni di oblio possano diventare solo un cattivo ricordo.

Caro Achille credo che apprezzerai la nostra ilarità, da buon partenopeo sai la battuta è sempre dietro l'angolo.
Con amicizia Marco e Mario e tuttto il gruppo universitario



Carissimo Marco,
Non vi ho dimenticato e non vi dimenticherò mai, siete sempre nel mio cuore capriccioso, che mi da tanti problemi e sembra si si stancato di battere e voglia fermarsi per riposare. A settembre al San Raffaele di Milano, nelle mani di un luminare, durante un tentativo di riaprire una coronaria occlusa al 100%, ho avuto un micro infarto. Ho corso il rischio di morire. La morte non mi fa molta paura, ma vorrei concludere la mia avventura terrena a casa mia, con tutte le comodità: un bel funerale con tanti amici e parenti, un memorial di scacchi a mio nome e forse anche voi mi ricorderete con una preghiera durante la messa domenicale. A giorni dovrebbe concludersi la mia via Crucis giudiziaria, tirerò un sospiro e penserò a voi.     
Salutami tutti quelli che si ricordano di me.                                         
Vi voglio bene.
Achille






Dal Corriere della sera

Così dipinge la Totò Story un altro camice bianco partenopeo, Achille della Ragione, in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera il 14 dicembre. “L’ex governatore Cuffaro dopo aver scontato la condanna a sette anni per concorso esterno nel favoreggiamento alla mafia, torna un uomo libero, lasciandosi alle spalle il carcere romano di Rebibbia. Finalmente finisce un doloroso calvario, percorso con cristiana rassegnazione e comincia una nuova vita dedicata al prossimo. Infatti è sua ferma intenzione, subito dopo il periodo natalizio trascorso in famiglia, di partire per il Burundi e lì prestare la sua opera di medico in favore della derelitta popolazione africana – continua la commovente missiva pubblicata dal quotidiano di via Solferino – facendo tesoro dell’esperienza maturata a contatto con ergastolani senza speranza e con gli ultimi della terra, da tutti dimenticati, spesso anche dai propri cari. Una decisione che merita rispetto e ammirazione”.

Grande esperto d’arte, amante della pittura secentesca, nobile di lignaggio, mecenate, il professor della Ragione nella sua vita ha trovato anche il tempo per esercitare l’arte medica. Per anni vip tra i ginecologi partenopei, dopo una irresistibile ascesa nell’empireo della professione, è inciampato nella storiaccia di un abortificio clandestino dove si macinavano soldi & vite, e condannato in via definitiva nel 2008 dalla Corte d’Appello di Napoli a dieci anni. Si ritroveranno tutti, liberi & belli, a portare la Luce ai bimbi africani?




Percorsi sacri tra Vomero ed Arenella

Un prezioso libro di Dante Caporali

00 - Copertina

Mancava da sempre un volume che trattasse con competenza l’argomento, solo apparentemente secondario, delle chiese del Vomero e bisogna perciò ringraziare Dante Caporali, noto cultore di napoletanità, per aver fornito, con un libro (fig.0) ricco di splendide foto a colori, circa 400, corredate da schede esaustive, agli appassionati del settore una bussola per addentrarsi in un viaggio affascinante alla riscoperta dei complessi religiosi del Vomero e dell’Arenella, alcuni dei quali sorti già tra ‘500 e ‘600 negli antichi borghi rurali di Antignano, Vomero Vecchio e Arenella, per secoli estranei alla città di Napoli, perché lontani e di difficile accesso e che soltanto alla fine dell’800 ne entrarono a far parte a pieno titolo.
I percorsi sacri comprendono 6 itinerari nei quali sono descritte in dettaglio 35 chiese spesso con frequenti riferimenti alle più importanti guide storiche del passato.
Specifici capitoli sono poi dedicati alle cappelle private; alle edicole votive, derivazione di quella pietà popolare tanto sentita dai napoletani, sorte in gran numero in città fin dalla metà del ‘700; alle tradizioni sacre, molte delle quali scomparse e ridotte oggi soltanto alla processione del giorno di Pasqua, nota come Mistero di Antignano, forse risalente addirittura al periodo angioino, ma certamente praticata quasi ininterrottamente dalla metà del ‘700 fino ai giorni nostri.
Molti erroneamente credono che, essendo il Vomero un quartiere moderno, gli edifici religiosi siano privi di testimonianze artistiche del passato e per cui frequentati solo dai fedeli, viceversa, i dipinti del Cinquecento e del Seicento da poter ammirare sono numerosi, anche se a volte provenienti da antiche chiese del centro storico, chiuse da tempo per motivi statici.




02 - Paolo De Matteis-Madonna col Bambino (Napoli, S.Giovanni dei Fiorentini)
Un esempio calzante è costituito da San Giovanni dei Fiorentini, sita nei pressi di Piazza degli artisti, che ha sostituito negli anni Cinquanta del secolo scorso la chiesa eponima, demota per far posto agli edifici del nuovo rione Carità. Ricchissima di quadri di Marco Pino (fig.1) e di Giovanni Balducci, conserva nella stanza del parroco una gioiosa Madonna col Bambino (fig.2) di Paolo de Matteis, eseguita nel 1690.
Una visita entusiasmante è costituita dall’Eremo dei Camaldoli, che giganteggia in copertina, una passeggiata tranquilla tra panorami mozzafiato e lo sguardo su capolavori del passato, dall’Inferno del Grammatica (fig.3), alla spettacolare Assunzione (fig.4) di Cesare Fracanzano.
03 - Antiveduto Gramatica-L'Inferno (Napoli, Eremo dei Camaldoli)

04 - Cesare Fracanzano-Assunta-1 (Napoli, Eremo dei Camaldoli)

Un’altra chiesa, poco nota, che merita attenzione, è quella di S. Maria della Salute, che contiene veri gioielli d’arte, da una tavola di Girolamo Imparato (fig.5) ad una coppia di dipinti di Onofrio Palumbo (fig.6).
Potremmo continuare a lungo, ma non vogliamo togliere al lettore il sottile piacere della scoperta di tanti capolavori, illustrati a colori da foto scattate personalmente dall’autore, il quale, un tempo ingegnere, oltre che uno studioso, è anche e soprattutto un valente fotografo.
Un libro che non potrà mancare nella biblioteca di studiosi ed appassionati e che potrebbe costituire una splendida strenna per santificare con cultura le prossime festività natalizie.


05 - Girolamo Imparato-Madonna col Bambino e Santi-2 (Napoli, S.Maria della Salute)

06 - Onofrio Palumbo-Adorazione dei pastori (Napoli, S.Maria della Salute)



   

   

martedì 22 novembre 2016

Inediti di Stanzione e Solimena in asta a Roma




fig.1- Massimo Stanzione



Presso la prestigiosa sede della Minerva Auctions di Roma a palazzo Odescalchi andranno fra qualche giorno in asta, partendo da prezzi appetibili, alcuni dipinti inediti napoletani, illustrati in una conferenza dal professor Riccardo Lattuada.
Partiamo dal Martirio di una santa (fig.1), forse S. Lucia, attribuito al periodo giovanile, attorno al 1620, di  Massimo Stanzione dall’illustre studioso, collocazione cronologica con cui concordiamo pienamente.
La tela si inserisce perfettamente nel panorama pittorico del primo Seicento napoletano. Palpabile è  il richiamo e il recupero della tradizione caravaggesca dalla quale derivano il tagliente chiaroscuro, il naturalismo dei corpi e l’essenzialità del racconto. A questo si aggiunge però una maggiore dolcezza delle forme e delle espressioni, derivata dal classicismo di Guido Reni, presente a Napoli nel 1622. Le figure, soprattutto quella femminile, ricordano alcune opere di Stanzione, quali la Giuditta con la testa di Oloferne del Metropolitan Museum of Art di New York e il Martirio di San Lorenzo del Museum of Art di Muncie (Indiana).


fig. 2 - Solimena

Passiamo ora  ad esaminare un vero capolavoro del Solimena: San Gennaro con altri santi che intercedono presso la Madonna in favore della città di Napoli (fig.2)
L’autografia del quadro risulta evidente dall’analisi stilistica dei personaggi e della composizione, nonché dal confronto con altre tele documentate del maestro.
I corpi saldamente costruiti con un’anatomia possente e con chiaroscuri netti, i panneggi vibranti e dinamici, l’impostazione della scena si ritrovano, come sottolinea Lattuada, nella Madonna con Bambino e i Santi Gennaro e Sebastiano a Milwaukee, Milwaukee Art Center e nella Madonna col bambino, l’angelo custode e San Francesco di Paola della Gemaeldegalerie Alte Meister di Dresda.
In basso a sinistra appare il golfo di Napoli visto da occidente, all’altezza di Posillipo, delimitato dal Monte Somma, con il Vesuvio sullo sfondo. Il particolare è attualmente di difficile lettura a luce naturale per l’ossidazione delle vernici, ma diventa più agevolmente visibile ai raggi infrarossi  (fig.3).


fig. 3  - Riflettografia

L’iconografia di San Gennaro che chiede l’intercessione della Vergine per la città di Napoli ha una forte valenza simbolica e mette in evidenza lo stretto legame, da sempre esistente, tra Napoli e il proprio santo protettore, fatto di rispetto, amore e devozione.
Nella pittura del Seicento napoletano rappresentazioni simili sono abbastanza ricorrenti (come ad esempio il San Gennaro che protegge la città di Napoli di Onofrio Palumbo e Didier Barra nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini o a quello di Luca Giordano con San Gennaro che intercede presso la Vergine, Cristo e il Padre Eterno per la peste al Museo Nazionale di Capodimonte).
Tuttavia scelte compositive simili non sono comuni nella produzione pittorica solimenesca.
Un utile confronto per l’impaginazione dell’opera in esame è rappresentato dal bellissimo rilievo di Domenico Antonio Vaccaro raffigurante La Vergine dà le chiavi di Napoli a San Gennaro  nella Certosa di San Martino a Napoli, databile intorno al 1720, periodo nel quale è possibile collocare anche il dipinto offerto in asta a giorni.
I due grandi maestri furono legati da profonde e reciproche influenze stilistiche, tanto che Bernardo De Dominici nelle sue Vite dei Pittori, Scultori, ed Architetti Napolitani definisce Solimena il Vaccaro della Pittura, e Lorenzo Vaccaro, padre e maestro di Domenico Antonio il Solimena della Scultura (Bernardo de' Dominici, Vite de' Pittori, Scultori e Architetti napoletani, Napoli, 1742-44, vol. III). Lo scrittore napoletano seppe sintetizzare con singolare efficacia quel metalinguaggio barocco di matrice classicista che Solimena e i Vaccaro declinarono con materiali diversi ma intenti estetici comuni (Lattuada).


fig. 2 - Solimena

Sempre del Solimena viene poi proposto un Ritratto di gentildonna a mezzo busto con fiori in mano (fig. 4), corredato da una perizia di Ferdinando Bologna, datata 7 marzo 1977, in cui lo studioso avanza l’attribuzione a Solimena e propone una datazione agli ultimi anni di attività dell’artista, probabilmente attorno al 1739 - 40. Agli stessi anni risalgono infatti il Ritratto di dama conservato a Londra, National
Gallery, e il Ritratto della Principessa Imperiale di Lasciano della collezione Pisani a Napoli (F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, figg. 215 e 218).
Il dipinto si pone come uno dei vertici dell’attività ritrattistica di Solimena, per l’altissima qualità della resa pittorica, dalla pennellata fluida e veloce, e soprattutto per la grande capacità di penetrazione psicologica.
L’opera si differenzia dalla tipologia consueta dei ritratti d’apparato, rappresentando la modella in modo intimo e colloquiale, priva di gioielli e di complesse acconciature, con un piccolo mazzo di fiori come unico vezzo. Eseguito con pennellate rapide che denunciano la grande sicurezza dell’artista e la sua perizia tecnica, il ritratto cattura l’attenzione dello spettatore per l’espressione e lo sguardo vivo della misteriosa dama, conferendogli una grande modernità che preannuncia gli esiti del realismo napoletano nell’Ottocento.


Achille della Ragione

lunedì 14 novembre 2016

Importanti dipinti antichi napoletani alla Blindarte


01 - Giordano

Il prossimo 26 novembre alla Blindarte di Napoli si terrà un’asta nella quale saranno presentati numerosi inediti del Seicento e Settecento napoletano, tra cui alcuni capolavori. E nella nostra breve descrizione partiremo proprio da queste vette.
Cominciamo con una Crocifissione di San Pietro (fig.1) eseguita da Luca Giordano intorno al 1660, un momento in cui palpabile è l’influsso sul giovane, ma già valente artista, della lezione di Mattia Preti nella definizione serrata delle figure in primo piano e nella tavolozza in cui prevalgono colori scuri. Il dipinto è accuratamente descritto nella monumentale monografia sul Giordano di Ferrari e Scavizzi.


02 - Battistello

Passiamo ora ad una Sacra Famiglia (fig.2) di Battistello Caracciolo, pubblicata per la prima volta nel 1990 dal compiano Vincenzo Pacelli, il quale, nel pastore sulla sinistra che distrattamente fissa l’osservatore, volle identificare l’autoritratto del pittore. In seguito l’opera è stata studiata da Stefano Causa, che nell’includerla nella sua monografia sull’artista, ha ipotizzato un’esecuzione negli anni Venti ed ha sottolineato il clima di tenerezza domestica che promana dal dipinto. 


03 - van Somer

Parliamo ora di un monumentale Mosè (fig.3), in passato ritenuto da Spinosa e da Bologna eseguito da Giovanni Ricca, mentre recentemente Porzio lo ha spostato nel catalogo di Hendrick van Somer, due personalità orbitanti attorno alla produzione del Ribera, autore del prototipo del dipinto in esame, conservato nella Certosa di San Martino ed eseguito nel 1637.


04 - Ignoto riberiano

Sempre eseguito da un valente artista, per ora ignoto, della cerchia del Ribera, vi è uno struggente Compianto su Cristo morto (fig.4), già in collezione Catello e purtroppo in non perfetto stato di conservazione.


05 -  De Matteis

Sempre proveniente dalla celebre collezione Catello vi è poi un inedito di Paolo De Matteis, sfuggito anche al sottoscritto autore di una recente quanto esaustiva monografia sull’artista. Si tratta di un quadro di grandi dimensioni, raffigurante Le tentazioni di San Francesco (fig.5), collocabile cronologicamente all’ultimo decennio del secolo.


06 - Recco Elena

07 - Recco Giovan Battista
Nell’ambito della natura morta seicentesca vi sono poi due quadri: il primo raffigurante una miriade di pesci in compagnia di funghi e crostacei (fig.6), opera certa di Elena Recco, figlia di Giuseppe, che eredita dal padre la rara capacità di fissare sulla tela il delicato momento del trapasso tra la vita e la morte e si fa riconoscere dagli intenditori per il tenue colorito rosato con cui definisce le squame dei pesci; il secondo, Un interno di cucina con una cuoca (fig.7), più volte esposto in mostre, l’ultima volta nel 2009 in Ritorno al Barocco, è opera eseguita da Giovan Battista Recco, autore degli animali, vivi e morti, degli ortaggi e degli oggetti di cucina, in collaborazione con un pittore vicino a Battistello Caracciolo, che realizza la figura della vivandiera intenta a cucinare il pollame.

08 - Masturzo


09 - Masturzo
Nel campo della battaglia vi sono 2 quadri di Marzio Masturzo (fig.8–9), un minore attivo nella seconda meta del XVII secolo, che imita con abilità la maniera di Salvator Rosa. Essi raffigurano con veemenza dei combattimenti di cavalieri al di fuori delle mura di una città fortificata, mentre il cielo nuvoloso e minacciante pioggia sembra partecipe della tristezza degli scontri durante i quali morti e feriti senza nome si ammassano al suolo.


010 - Vaccaro

Concludiamo la carrellata sul secolo d’oro illustrando una maestosa S. Caterina d’Alessandria (fig.10), siglata, di Andrea Vaccaro, offerta in asta partendo da un prezzo stracciato. L’opera con il classico “sotto in su” degli occhi rivolti verso il cielo è databile intorno al V decennio, quando il pittore, tralascia l’antica ascendenza caravaggesca e recepisce pienamente la lezione del classicismo bolognese. Il referente della tela non è, come erroneamente indicato nella scheda del catalogo, la S. Agata in carcere, dal seno prorompente, del museo Filangieri, bensì la più casta S. Cecilia alla spinetta, conservata nella pinacoteca di Capodimonte.
Ci portiamo ora nel Settecento partendo da una triade di dipinti firmati e da tempo pubblicati da Spinosa, opera del pennello di un artista estroso che risponde al nome di Lorenzo De Caro, presente in molte chiese napoletane ed in prestigiose collezioni private, come quella del sottoscritto, ma ancora poco noto, nonostante una esaustiva monografia a lui dedicata da Rosario Pinto. Essi raffigurano l’uno Il trionfo di Mardocheo (fig.11), gli altri due, che fanno pendant, Il Trionfo di Davide e quello di Giuditta (fig.12–13).




011 - De Caro


012 e 012 - De Caro



La natura morta è degnamente rappresentata da un Trionfo floreale in un vaso a grottesche (fig.14) di Gaspare Lopez, un allievo del Belvedere, trasferitosi poi al nord tra Firenze e Venezia, dove fu artefice di una pittura ornamentale, segnata costantemente da un brillante cromatismo.
Particolarmente interessante il quadro (fig.15) di Michele Foschini, replica autografa facente parte di una serie commemorativa di un episodio storico importante della storia del regno di Napoli: Carlo III che consegna al figlio Ferdinando IV la corona nel 1759.
Ed infine un dipinto allegorico (fig.16) di notevole qualità e ritenuto di ignoto nel catalogo, che noi attribuiamo con certezza a Giuseppe Mastroleo, assieme a Giovan Battista Lama tra gli allievi più dotati del De Matteis. Una composizione contrassegnata da una gamma cromatica dai colori rischiarati di un gusto pienamente settecentesco.



014 - Lopez
015 - Foschini
016 - Mastroleo





venerdì 11 novembre 2016

LA NATURA MORTA DEL SEICENTO NAPOLETANO

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In 1^ di copertina Monogrammista SB
Natura morta con limoni, ortaggi ed uccelli morti
Varese collezione Cerini

In 4^ di copertina Abraham Brueghel
Natura morta con frutta, fiori, cocomero ed un pappagallo
Varese collezione Cerini



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mercoledì 9 novembre 2016

La sindrome di Caravaggio

Giuditta

Non vi è mostra che si rispetti che non esponga almeno un Caravaggio e questa regola caratterizzerà anche l’esposizione di Brera a partire dal 10 novembre, quando il museo milanese esporrà, con l’obbligo di attribuirla al Merisi imposto dai proprietari, la Giuditta che decapita Oloferne, al centro mesi fa di uno scoop internazionale condito dalla favola del suo ritrovamento in una soffitta, che ci rammenta le scene più esilaranti di un film di Totò nelle vesti di un abile falsario di quadri famosi.
Perché escludo categoricamente questo ritrovamento rocambolesco? Semplicemente perché nel 2015 dalla Francia mi giunse via mail la foto del dipinto con la richiesta di un parere sulla paternità dell’opera. Consigliai categoricamente di sottoporre il quadro ad esame radiografico, alla ricerca dei “pentimenti”, che caratterizzano tutte le tele del grande artista, il quale lavorava di getto senza disegni preliminari. Indagine di cui più nulla ho saputo.                                                 
Sull’autografia si sono espressi cautamente i più celebri specialisti del pittore, Mina Gregori in testa e quasi tutti hanno messo in dubbio che sia il prodotto del suo celebre pennello.                         
Che sia una realizzazione di Caravaggio o di un suo imitatore, ad esempio il Finson, di cui si conserva a Napoli una copia del quadro in esame, non è questione da poco. Il valore dell’opera scenderebbe da oltre 100 milioni di euro a meno di centomila.                                                        
Ai posteri l’ardua sentenza

 Passiamo ora ad esaminare una diatriba che riguarda non solo Napoli, ma anche la fiumana di turisti che la visitano: Il Seicento napoletano negato                                                                         
In questi giorni è stata avanzata la proposta di spostare i dipinti del Seicento napoletano conservati a Capodimonte nelle sale di Palazzo Reale, più facilmente raggiungibili da turisti e napoletani.  L’idea ha fatto infuriare il direttore, che ha difeso, e giustamente, l’unità delle raccolte, ma bisognerà decidersi ad assumere nuovi custodi, perché attualmente il percorso è negato alla fruizione dei visitatori, essendo aperto solo per poche ore al giorno e subito, dopo pochi minuti, ne è vietato l’accesso: chi è dentro è dentro, chi è fuori si arrangi.


martedì 8 novembre 2016

Monumento al degrado


Napoli via Manzoni



Alla fine di via Manzoni, prima di imboccare il viale Virgiliano, vi è una piazza, ancora senza nome, (forse il comune attende la mia morte per intitolarla al sottoscritto, che vi abita da 40 anni) dove, oltre a tronchi di alberi e spazzatura di ogni genere, da 8 mesi sosta, sulle strisce di parcheggio a pagamento, una vettura di grossa cilindrata che, a detta dei delinquenti della zona, risulta rubata.

Ho segnalato da tempo la cosa a Polizia, Carabinieri, Vigili urbani e Guardia di Finanza senza nessun risultato. Prima di provare con Vigili del fuoco, Forestale ed eventualmente la Protezione civile, provo ad informare la stampa, sperando nel miracolo della sua rimozione, soprattutto, perché l’automobile è divenuta un’attrazione fatale per maleducati che vi depositano rifiuti di ogni genere, dai materassi e coperte d’annata, a recipienti di ogni dimensione dal contenuto puteolente.

Achille della Ragione


Napoli via Manzoni

Napoli via manzoni

mercoledì 2 novembre 2016

RECENSIONE La natura morta napoletana del Seicento

 
"La natura morta napoletana del Seicento" di Achille della Ragione

 L’ultimo libro di Achille della Ragione

La natura morta del Seicento napoletano costituisce un capitolo fondamentale nella storia della pittura europea a cui collaborarono giganti del calibro dei Recco e dei Ruoppolo, due celebri dinastie, Luca Forte e Paolo Porpora, Abraham Brueghel e Andrea Belvedere, ai quali si affiancarono una miriade di minori, noti solo a pochi specialisti.
I generisti partenopei, mentre disdegnarono i memento mori, tanto diffusi nella coeva natura morta fiamminga, furono talmente abili nel rappresentare i fiori, da farne sentire il profumo, mentre frutta e dolci fanno venire il desiderio irrefrenabile di addentarli.
Mancava da decenni un volume che trattasse con competenza l’argomento e bisogna perciò ringraziare Achille della Ragione per aver fornito, con un libro ricco di foto a colori, corredate da schede esaustive, agli appassionati del settore una bussola per addentrarsi in un viaggio affascinante tra pesci, colti magistralmente nel delicato momento del trapasso tra la vita e la morte, trionfi floreali sgargianti e dolci deliziosi da far venire l’acquolina in bocca ad un diabetico.

Un’opera che non potrà mancare nella biblioteca di studiosi e studenti e che potrebbe costituire una splendida strenna per santificare con cultura le prossime festività natalizie.
Un libro che si può ricevere a domicilio ordinandolo
alla Libreria Neapolis – tel. - 081 5514337 – info@librerianeapolis.it
alla Libro Co – tel. 0558229414 – 0558228461 – libroco@libroco.it
oppure contattando direttamente l’autore tel. 0817692364 - a.dellaragione@tin.it