lunedì 23 ottobre 2017

San Michele Arcangelo, la più bella chiesa di Anacapri



fig. 1 - S. Michele


La Chiesa di San Michele ad Anacapri domina Piazza San Nicola nel cuore del centro cittadino ed è anche nota col nome di chiesa del Paradiso terrestre per via del pavimento maiolicato raffigurante l'omonima scena biblica presente al suo interno.
Fu costruita tra il 1698 e il 1719 per volontà di Madre Serafina di Dio. La storia del monumento inizia con una promessa che la religiosa fa a San Michele Arcangelo affinché Vienna, baluardo della cristianità, venisse liberata dall’assedio dei Turchi infedeli: che perdurava da due mesi: fu così che il 12 settembre 1638 il re Giovanni III Sobieski, a capo della coalizione cristiana, riuscì nell'impresa di sconfiggere l'esercito nemico, nei pressi del Kalhenberg.
“Se Voi liberate Vienna, prometto di fondare ad Anacapri una chiesa e un monastero, a maggior gloria del Signore e a onor Vostro”. E così fu. L’esercito imperiale sconfisse gli ottomani e la suora caprese cominciò ad adoperarsi per trasformare quella preghiera in realtà.
Per mantenere fede al voto fatto la suora iniziò la costruzione di sette monasteri di clausura, tutti che si ispiravano alle regole dettate da santa Teresa d'Ávila, in diversi punti della Campania,  precisamente a Capri, ad Anacapri, a Vico Equense, a Fisciano, a Torre del Greco e due a Massa Lubrense. Quello di Anacapri, che ospitava monache di clausura, venne ricavato riutilizzando un conservatorio musicale e verteva intorno a due chiostri.
Il monumento sorge accanto al convento delle teresiane e ai resti della Chiesa di San Nicola di cui sono ancora visibili il chiostro e il campanile. La prima pietra, però, fu posata dieci anni dopo grazie alla donazione di 15mila ducati fatta da Antonio Migliacci, un galantuomo di origini sarde che amava trascorrere l’estate sull’isola di Capri. Alla costruzione contribuì anche Michele Gallo di Vandeneynde, vescovo di Capri dal 1690 al 1727. Il monsignore, per ultimare i lavori, mise a disposizione il suo patrimonio personale e finalmente la chiesa poté aprire le sue porte ai fedeli.


fig. 2 -S. Michele-Interno
fig. 3 - Pavimento maiolicato

Circa un decennio dopo la fondazione del monastero, precisamente nel 1698, suor Serafina volle edificare anche una chiesa. Con molta probabilità si occupò del progetto Domenico Antonio Vaccaro: la chiesa, nelle sue forme infatti, risulta essere molto simile alla chiesa di Santa Maria della Concezione a Montecalvario a Napoli, realizzata dallo stesso Vaccaro pochi anni dopo; inoltre, presumibilmente, l'artista era già stato sull'isola di Capri per un suo intervento durante la costruzione della chiesa di Santa Sofia: tuttavia anche di questo non si ha la certezza. La chiesa venne consacrata nel 1719.
Tra il 1806 e il 1808, durante l'occupazione inglese, il tempio venne soppresso e con l'arrivo dei francesi, nel 1808, fu soppresso anche il monastero: l'intero complesso venne utilizzato come deposito e alloggi per i militari. Nel 1814, quando i militari abbandonarono la struttura per una sistemazione più comoda, furono avanzati dei progetti di restauri: questi iniziarono nel 1815, per terminare nel 1817, quando la chiesa venne riaperta al culto, precisamente il 10 giugno, grazie ad un regio decreto firmato da Ferdinando I delle Due Sicilie, il quale l'affidava alla Congregazione laica dell'Immacolata Concezione, fondata nel 1865; il convento venne venduto a privati. La congrega, nel corso degli anni, si è occupata del mantenimento e dei successivi restauri della chiesa.
Lo storico Roberto Pane ha definito così questo gioiello: “Uno degli esempi più pregevoli di tutta la produzione settecentesca napoletana per il gusto degli stucchi, alternato ritmo degli archi e delle nicchie, i lievi raccordi in curva, il biancore discreto, che conferisce la massima visibilità al colore”.
La facciata della chiesa (fig.1) è divisa in due parti da una trabeazione; la parte inferiore è suddivisa in tre scomparti da quattro colonne: al centro si trova il portale d'ingresso maggiore, sormontato da una lunetta nella quale è affrescato San Michele, con ali spiegate e una spada nella mano destra, probabilmente ispirato a un disegno di Guido Reni, mentre ai lati due ingressi più piccoli, sormontati da finestre ovali. La zona superiore invece è anch'essa divisa in tre scomparti tramite quattro lesene: nella parte centrale, che termina a timpano con sulla sommità una croce in ferro, è posto un finestrone, mentre gli scomparti laterali sono decorati con stucchi.
Internamente (fig.2) la chiesa ha una pianta ottagonale, a forma di una croce greca, leggermente allungata in direzione dell'ingresso, dell'abside e di due altari laterali, e cupola centrale: misura in totale ventuno metri di lunghezza per quindici di larghezza; l'interno è illuminato da alcune finestre poste ai lati dell'abside, sui fianchi della cupola e sull'ingresso: questa illuminazione è stata studiata in modo da fornire una luce intensa ma pacata. Tutte le decorazioni interne sono in puro stile barocco con decorazioni a stucco di rosoni, festoni, cartigli, angeli, conchiglie, angeli e colonne scanalate, sormontate da capitelli in ordine corinzio e poste ai lati delle cappelle, aventi più un motivo ornamentale che strutturale; l'intera chiesa è pavimentata con riggiole in maioliche, dipinte in modo tale da raffigurare il Paradiso terrestre e peccato originale, opera di Leonardo Chianese. Il vestibolo è sormontato dalla cantoria nella quale è presente una statua della Madonna col Bambino, opera di Nicolò Fumo.
È questa l’attrazione principale della Chiesa di San Michele: il pavimento maiolicato dipinto a mano dal maestro “riggiolaro” Leonardo Chiaiese, il disegno, invece, è da attribuirsi a Solimena. L’opera rappresenta la Cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre(fig. 3).Superato l’ingresso della chiesa esso si mostrerà  in tutto il suo fascino avvolto dalla luce intensa e soffice che trapela dalle finestre. Si avrai la sensazione di vivere anche tu quel giorno, quell’istante in cui in cui la storia dell’uomo è finita e iniziata al tempo stesso. Cosa si ammira? Adamo ed Eva che vengono esiliati dall’Eden dalla furia di Dio. Nell’esatto momento il serpente, simbolo della dannazione, stringe le sue spire intorno all’albero della Conoscenza. La coppia è circondata da piante e animali (leoni, elefanti, pellicani, coccodrilli, civette, aquile, cervi, pantere) anche leggendari tra cui un magnifico unicorno. Questa creatura mitologica incarna il Cristo e rappresenta l’amore che Dio prova per l’umanità.

fig. 4 - Paolo De Matteis-Angelo custode
fig. 5 - Paolo De Matteis (attr.)-Madonna del Carmine tra i Ss. Giuseppe e Teresa d'Avila
fig. 6  -Francesco Solimena (attr.)-La Vergine Maria dona lo scapolare a S. Simone Stock

fig. 7 - Francesco Solimena (attr.)-Cristo compare a S. Giovanni Giuseppe della Croce

Le cappelle, comprese l'altare maggiore, sono sette a simboleggiare i sette doni dello Spirito Santo: sono disposte tre su ogni lato, con una centrale, dalla forma absidale, e due agli angoli, dalla forma a conchiglia. Le cappelle presentano una pavimentazione in maioliche in colore azzurro e giallo con inserti di raffigurazioni di cesti di frutta e fiori, mentre gli altari, realizzati da artigiani capresi, sono in legno dipinto tendente a riprodurre l'effetto del marmo: probabilmente questi dovevano essere momentanei per poi essere successivamente sostituiti da altri in vero marmo, non più realizzati a causa della soppressione del monastero a seguito dell'edito promulgato da Gioacchino Murat il 12 novembre 1808.
Tutte le cappelle sono dedicate alla Vergine Maria e agli angeli custodi: sul lato sinistro, la prima cappella ha una tela di Paolo De Matteis raffigurante l'Angelo custode (fig.4), la seconda cappella, al centro, ha una Madonna del Carmine e santi Giuseppe e Teresa (fig.5), sempre del  Matteis, e ai lati Madonna che dà l'abito a san Simone Stock (fig.6) e Visione di san Giovanni della Croce (fig.7), entrambe di Francesco Solimena, la terza cappella una Addolorata (fig.8), opera pittorica sempre del De Matteis. Sul lato destro i dipinti sono tutti di Paolo De Matteis, in particolare, nella prima cappella Raffaele e Tobiolo (fig.9), nella seconda Assunta tra i santi Nicola e Biagio (fig.10) e nella terza Annunciazione (fig.11): tutte le pitture presenti nella chiesa sono datate al 1719 o comunque qualche anno dopo la sua consacrazione.


fig. 8 -Paolo De Matteis-Addolorata
fig. 9 - Paolo De Matteis -Tobiolo e l'Angelo
fig. 10  -Paolo De Matteis-Vergine Assunta tra i Ss. Nicola e Biagio
fig. 11 -Paolo De Matteis-Annunciazione

L'altare maggiore (figg.12-13), in stile barocco e rococò, è stato realizzato dall'artista napoletano Agostino Chirola, dopo che aveva realizzato dei modelli in creta, su disegno dell'ingegnere Angelo Barletta e commissionato da Francesco Cattaneo, educatore di Ferdinando I, nel 1761: questo venne realizzato a Napoli e trasportato sull'isola di Capri tramite delle feluche, salito ad Anacapri a dorso di mulo percorrendo la scala Fenicia e in fine assemblato sul posto]; venne consacrato l'11 ottobre 1761. L'altare è realizzato in marmo di Carrara e pietre dure come lapislazzuli, alabastro e marmo verde antico e giallo antico: non si è esclude che pezzi di marmi possono essere stati riutilizzati da alcune ville di epoca romana presenti sull'isola; alle estremità dell'altare due angeli a tutto tondo, sempre in marmo di Carrara: sembra che inizialmente le monache avrebbero voluto affidare la realizzazione di queste due sculture a Francesco Pagano o Giuseppe Sanmartino, ma successivamente la scelta sarebbe caduta sullo stesso Chirola e al termine dei lavori, soddisfatte del risultato finale, avrebbero pagato all'artista un compenso di seicentocinquanta ducati invece di seicentoquindici come precedentemente pattuito. Completano la zona dell'altare maggiore una pala di Nicola Malinconico raffigurante San Michele arcangelo (fig.14), un quadro  famoso per le sue cromie vivaci e la raffigurazione del santo nelle vesti di un guerriero dal volto di straordinaria bellezza. con ai lati due dipinti di angeli, opera di Paolo De Matteis, e sulle pareti laterali Orazione nell'orto (fig.15) e Natività (fig.16) entrambe di Giacomo del Pò, mentre nella lunetta sopra la pala è posta una statua in legno dell'Immacolata; il pavimento dell'abside è sempre in maioliche con la raffigurazione di un pellicano che si strappa le carni per nutrire i piccoli con il proprio sangue, contornati da ghirlande e putti: probabilmente il cartone preparatorio per l'opera è stato realizzato da Giuseppe Sanmartino. Alle spalle dell'altare maggiore è sepolto il vescovo Michele Gallo di Vandeneynde. Su tutti gli altari sono presenti candelabri, croci e giare contenenti delle frasche ricamate con perle, lavoro delle monache di clausure risalenti a quando il convento era ancora attivo.
Nella sacrestia, adibita a spazio museale, sono presenti due piccole statue in legno raffiguranti Santa Teresa d'Avila e San Giovan Giuseppe della Croce, probabilmente della bottega di Francesco Patalano, ma scolpite da due artisti diversi.

Achille della Ragione

Foto di Dante Caporali

fig. 12 - Altare maggiore
fig. 13  - Interno
fig. 14 - Nicola Malinconico-S. Michele
fig. 15 -Giacomo Del Po-Orazione nell'orto
fig. 16 -Giacomo Del Po-Adorazione dei pastori

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